“Vincere un Europeo di testa si può”. Lo ha fatto la Grecia vent’anni fa

Ancora oggi in Grecia si dice Iliade, Odissea, Euro 2004. È davvero così? Theofanis Katergiannakis ride. Poi risponde: “Sì, in un certo senso. Anche la nostra è un’impresa che si tramanda per generazioni”. Lui c’era, vent’anni fa, nella squadra campione d’Europa meno attesa della storia. L’archetipo del corto muso. Lo schiaffo all’albo d’oro, ai bookmaker – era data vincente per 150 a 1 – e alle gerarchie del calcio. “Ci davano per miracolati, catenacciari”, dice l’ex portiere al Foglio sportivo. “La verità è che ce l’abbiamo fatta di pura testa. Ricorrendo al buonsenso: perché provare a giocare da Germania, quando sei la Grecia, ci spiegava Otto Rehhagel. La psicologia trasmessa dall’allenatore è stata determinante. Di partita in partita abbiamo preso fiducia, fino a diventare una macchina in missione. Ma il nostro primo obiettivo era riuscire a segnare almeno un gol nell’arco del torneo: tra Europei e Mondiali, la Grecia non era mai andata oltre. Di vincere nemmeno si parlava”. E per questo è successo.

Katergiannakis ricorda l’arrivo in Portogallo, la sensazione “di un tempo passato tutto d’un fiato. Di un percorso scandito a tappe”. Per la prima, bastarono appena 6 minuti: la rasoiata di Giorgos Karagounis, che profana i lusitani padroni di casa. E sblocca gli ellenici. “Oltre al gol è arrivata anche la vittoria e una grande atmosfera. Ma abbiamo iniziato a crederci davvero soltanto dal match successivo”. Intanto il pubblico s’incuriosisce. La regia di Zagorakis, i gol di Charisteas, le parate del brizzolato Nikopolidis – di cui Fanis fa da riserva. “Dalla panchina esultavamo più di loro: nessuno si poneva il problema di chi sarebbe sceso in campo. Eravamo un corpo unico. E l’appetito vien mangiando: insieme ai risultati si andava formando anche la nostra identità di gioco. Se perderemo, ci spronavamo a vicenda, perderemo secondo il nostro calcio”. Succederà anche quello, in effetti. “Fermare la Spagna sul pareggio ci ha dato consapevolezza. La Repubblica ceca di Nedved era la squadra più forte sul cammino. Ma la partita della svolta”, dice Katergiannakis, “è stata quella contro la Russia. La più dura, sotto il profilo mentale”.

Ultima gara della fase ai gironi. Alla vigilia la Grecia sembra avere la qualificazione in pugno, contro un’avversaria già eliminata. “Eravamo a nostro agio, eppure siamo finiti subito spalle al muro”. Sotto di due gol dopo un quarto d’ora, a rischio imbarcata per tutto il primo tempo. Poi, poco prima dell’intervallo, l’intuizione di Rehhagel: “Karagounis era squalificato, serviva mischiare le carte con una sostituzione offensiva e dopo un minuto Vryzas accorciò le distanze”. Katergiannakis si rivede laggiù a Faro. “Nella ripresa corriamo dall’allenatore a dirgli che va bene così, l’1-2 ci basta, da Lisbona sembravano arrivare buone notizie. Non eravamo preparati a uno scenario a pari punti e pari differenza reti: che premiasse noi l’abbiamo saputo dai giornalisti sul posto”. Spagna a casa, Grecia avanti. Il resto è un capolavoro: zero gol subiti dagli ottavi in poi. “Rehhagel ci ha pungolato attraverso le nostre storie, le nostre carriere, per lottare insieme verso un’occasione che si presenta una volta sola. E alla fine la storia l’abbiamo fatta noi”.

Sul campo e alla playstation. “Fondamentale in ritiro, per scaricare la tensione”, ammette l’uomo-spogliatoio. “Nikolaidis, Tsiartas, Dabizas: quanti tornei abbiamo fatto. E pure col joystick in mano eravamo il noi sopra l’ego. Magari fra i 23 c’erano grandi personalità, provenienti dai campionati più ambiti, ma la Nazionale veniva sempre prima per tutti”. Così anche la finale ha una trama annunciata. “Prima del match, Rehhagel e Zagorakis hanno parlato da leader. Ci hanno detto che dal Portogallo siamo partiti e qui siamo arrivati: nessuno ci dava speranze già allora, eppure li abbiamo battuti; perché non farlo di nuovo?” Alla  maniera greca. “Rehhagel è sempre stato un realista: nei primi minuti la qualità può fare la differenza, sosteneva, ma quando le gambe diventano pesanti tatticamente ce la caviamo meglio noi. Dunque il piano partita era tenere lo 0-0 nel primo tempo: ribaltare uno svantaggio sarebbe stato difficile”. Va esattamente così: Figo e compagni si spremono invano, Charisteas colpisce a inizio ripresa. Poi solo sbadigli. “La nostra difesa ha fatto la differenza. Solo così era possibile rovesciare i ruoli”. Rovesciare gli astri.

Per la Grecia, che di lì a poco avrebbe ospitato pure le Olimpiadi, è la realizzazione dell’impossibile. L’euforia collettiva prima della tragedia sociale – crisi economica, default – che ancora di più spinge a inchiodare l’orologio a quella notte di inizio luglio. “All’epoca non c’era Facebook né Instagram, molte persone nemmeno avevano il cellulare”, sorride Katergiannakis. “Si guardava tutto dalla tv. Ricordo che dopo la premiazione non c’era un buon segnale e percepivamo a malapena cosa stesse accadendo nel nostro paese. A un certo punto abbiamo parlato con alcuni tifosi: è il delirio ad Atene, è il delirio a Salonicco. Appena atterrati in Grecia ci siamo resi conto sul serio. Ci abbiamo messo tre o quattro ore per arrivare dall’aeroporto allo Stadio Panathinaiko. La gente ci fermava per strada, dalle macchine partivano clacson e applausi: forse l’immagine che più rimarrà impressa nella mia mente”. E nell’impianto eretto dagli antichi greci “ci aspettavano circa 100mila persone. L’apoteosi di un popolo. Vent’anni dopo ha un valore ancora più grande”.

Sull’onda dell’Europeo, quella stessa estate Fanis avrebbe assaggiato la Serie A per una stagione con la maglia del Cagliari. “Un luogo a cui penso sempre con piacere: ho tuttora molti amici in Sardegna”. Si è ritirato nel 2011. Oggi fa il preparatore dei portieri per la sua Nazionale. Lontani i fasti del passato: la Grecia, che non partecipa a un grande torneo dal 2014, è stata eliminata dalla Georgia agli spareggi per Euro 2024. “Se ai rigori avessimo vinto noi, questa squadra in Germania avrebbe fatto strada”, è sicuro Katergiannakis. “Sono ragazzi giovani, stanno facendo progressi e hanno il potenziale per rialzare il nostro calcio. E rispetto ai miei tempi hanno un vantaggio: le immagini di un trionfo altrimenti impensabile”. Chi sarà la prossima Grecia-rivelazione agli Europei, se mai ce ne sarà una? “Resta una competizione difficile. Decisa dai momenti e dai dettagli. Non saprei indicare una protagonista a sorpresa. Una cosa però la posso dire, a tutte le partecipanti: divertitevi a smentire i pronostici”. Parola di chi ha raggirato gli dèi del pallone, fino a salire in alto e sedersi fra loro.

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