A Bari il centrosinistra trainato dal Pd si conferma: un plebiscito per il nuovo sindaco Leccese

L’onda verde alle Europee è apparsa in ritirata ma avanza implacabile a Bari: è Vito Leccese, ex deputato del Sole che ride, da vent’anni nello staff di Michele Emiliano prima e Antonio Decaro poi, il nuovo sindaco della città di San Nicola. Eletto per il centrosinistra extra large, ora evocato come modello per l’opposizione al governo Meloni, ha battuto dopo una campagna elettorale per il ballottaggio piena di veleni (in città ci sono ancora gli ispettori della Commissione ministeriale per la verifica delle infiltrazioni mafiose, scaturita dall’inchiesta della Dda), il giovane consigliere regionale Fabio Romito, leghista atipico dall’eloquio moroteo. 

Leccese ha conseguito un successo che poteva essere abbastanza scontato, sulla scia dell’exploit del sindaco uscente, Antonio Decaro, mister 500mila preferenze alle Europee, nonché neo top player della politica social: l’appendice di due settimane ulteriori di campagna elettorale – in una città dove il Pd ha ottenuto il 49% nel voto per Bruxelles – è scaturita dalla iniziale rottura del campo progressista, inizialmente dilaniato tra l’ex Verde e il penalista Michele Laforgia, appoggiato da 5S e vendoliani, arrivato terzo al primo turno (salvo ricomporre la frattura e salire sul palco di Bari Vecchia accanto alla segretaria dem Elly Schlein).

Giovedì scorso, per la chiusura della sinistra riunita, l’immagine iconica è stata doppia: dal palco di Bari Vecchia le invettive dei dem contro il candidato della destra Romito e contro “l’infamia” dell’autonomia, “approvata con il favore delle tenebre” (Elly dixit), e subito dopo a tavola (coincidendo il comizietto con l’inizio della telecronaca di Italia-Spagna degli Europei) la surreale ricreazione tra panzerotti, Peroni e pizze alla ricotta forte, specialità del locale di Largo Albicocca, piazzetta storicamente dedicata agli innamorati. E al desco, dove sedevano Elly, il sindaco uscente, Leccese, Emiliano e Boccia, sono state – temporaneamente? – appianate tutte le divergenze dell’arcipelago dem, con il “patto della scagliozza”, che ha saldato il successo del riformista Decaro (i pugliesi reclamano per lui un incarico di prestigio a Bruxelles) e il trasversalismo gestionale di Big Mike, che ha dovuto asfaltare la sua vecchia giunta regionale dopo le inchieste sul malaffare per placare l’ira del Nazareno. 

Il candidato sconfitto, Fabio Romito, ha ammesso il ko dopo nemmeno un’ora di spoglio, con i dati che davano Leccese tra il 60 e il 70%: per il centrodestra, che qui ha portato negli ultimi dieci giorni quasi una decina tra ministri e sottosegretari, ci sarà da riflettere su come l’ex capitale della Puglia destrorsa, il fortino di Pinuccio Tatarella, sia ormai da vent’anni appannaggio di un centrosinistra spregiudicato e invincibile, guidato dal levantinismo dell’emiro Emiliano.

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