La svista di Nordio. Rivendica norme sulle carceri in Cdm, ma il decreto non è all’ordine del giorno

Da Palazzo Chigi lo derubricano a “grosso equivoco”. Mentre dal ministero della Giustizia provano a correre ai ripari come possono, per minimizzare la figuraccia. Ieri, in un’intervista al Sole 24 ore il ministro della Giustizia Carlo Nordio per rivendicare una risposta all’emergenza sovraffolamento carcerario, che solo nelle ultime ore ha fatto registrare il 45esimo suicidio di detenuti dall’inizio dell’anno, aveva ostentato una certa qual sicumera: “Alcuni rimedi sono già all’orizzonte, come il decreto legge portato al Cdm oggi: prevede risorse aggiuntive, incrementa la dotazione organica del personale penitenziario, accelera la costruzione di nuovi padiglioni, ma soprattutto semplifica la procedura della liberazione anticipata”. Solo che nel Consiglio dei ministri di ieri non vi è stata traccia alcuna di queste misure. E che non sarebbero state discusse lo esplicitava l’elenco dei punti all’ordine del giorno discussi nel pre-Consiglio dei ministri, diffuso in largo anticipo rispetto alla giornata di ieri. Ma allora perché Nordio ha dato per certa una norma che non sarebbe stata presentata?

 

Dopo un iniziale stato di sorpresa per l’estromissione del decreto dal Cdm, da via Arenula hanno provato a correggere il tiro. Spiegando come la norma sia slittata, ma solo perché si è deciso di inserire all’interno del testo l’albo delle comunità, ovvero delle associazioni del terzo settore, già dotate di strutture di accoglienza, che consentono di scontare la pena in regime di detenzione domiciliare, o di affidamento in prova purché si svolga una attività lavorativa. “Migliorare il sistema dell’esecuzione penale è una delle nostre priorità e per questo, in accordo con il Ministro Carlo Nordio, abbiamo scelto di arricchire il testo del decreto legge sulle carceri, inserendo anche delle disposizioni specifiche in materia di strutture residenziali per il reinserimento dei detenuti e quindi di rimandarne la presentazione in Cdm”, ha dichiarato ieri pomeriggio in una nota il sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari. Assicurando che “il nuovo testo sarà comunque presentato ‘in tempi brevissimi’ al Cdm”. Ma che questo “arricchimento”, con l’intento di rendere la norma direttamente applicabile, fosse già conosciuto al ministero lo confermano diverse fonti di via Arenula. Non si capisce perché, quindi, il ministro abbia parlato di un testo che in tutta evidenza non era oggetto di questo specifico Consiglio dei ministri. Ad avvalorare questa ipotesi c’è il calendario dei lavori di Palazzo Chigi. Le norme sullo stato carcerario non sarebbero mai state calendarizzate a giugno, ma al primo o al secondo Consiglio dei ministri che si terranno a luglio, hanno fatto sapere fonti del governo. Per questo, letta l’intervista al Sole 24 ore, anche da queste parti si è levata una grossa sorpresa.

 

Ricapitolando, il ministro Nordio ha quindi concesso l’intervista al quotidiano economico dando per scontato che il pacchetto di norme sarebbe stato inserito nel Consiglio dei ministri di ieri. E quando quest’ipotesi è venuta meno (già dalla giornata di mercoledì ha iniziato a circolare l’ordine del giorno del pre-Cdm), nessuno si è evidentemente attivato perché l’intervista subisse delle modifiche legate agli ultimi aggiornamenti. Nello staff della comunicazione del ministro hanno prima parlato di stupore per il mancato inserimento del decreto in Cdm. Poi però, come detto, hanno preferito puntare sulla versione del “rinvio” della norma a causa dell’albo delle comunità. A quanto risulta però al Foglio, anche sprovvista di questa aggiunta il pacchetto di misure non sarebbe stato discusso ieri.

 

La donna forte di Nordio al ministero della Giustizia è la sua responsabile di  Gabinetto, Giusy Bartolozzi. Fedelissima di Nordio, ex magistrato, un passato in Parlamento nelle file di Forza Italia, Bartolozzi è la figura che ha accentrato gran parte del potere a via Arenula, come abbiamo raccontato a più riprese sul Foglio. Nel caso in questione non siamo in grado di dire con certezza se quel che è successo è stato causato da un’eccessiva sicurezza del ministro o se sia dovuto a una struttura ministeriale che non è stata in grado di attivarsi per prevenire una figuraccia. Quel che è certo è che il pasticciaccio delle norme che vengono rivendicate come in fase di approvazione in Consiglio dei ministri dal ministro in persona e che poi però non vengono nemmeno discusse, dice molto della confusione che si respira al ministero della Giustizia. Non un segnale rassicurante, soprattutto quando si tratta di un tema così rilevante come lo stato delle carceri italiane.

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