Se pure Grillo dice che il vero scandalo è ciò che stanno facendo a Toti

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore – Dopo le occhiatacce che Giorgia Meloni gli ha dato al G7, Macron voleva sciogliere anche il Parlamento italiano.

Michele Magno




Al direttore – Sono passati più di trenta giorni dall’arresto del governatore Giovanni Toti. E dopo un mese mi chiedo: la pistola fumante, esattamente, dove sta?

Andrea Camilla

Trattasi di scandalo democratico: un governatore agli arresti senza uno straccio di prova schiacciante, una pezza di appoggio che lo possa inchiodare, a cui viene negata la libertà sostanzialmente perché il suddetto governatore ha scelto di non dimettersi. Persino Beppe Grillo, ieri, a suo modo, ha trovato il modo di denunciare lo scandalo Toti. Dove lo scandalo non è ciò che avrebbe fatto Toti, ma ciò che stanno facendo a Toti. Leggete: “Non si può mettere sullo stesso piano chi chiede un contributo elettorale e chi gestisce una risorsa pubblica in conflitto d’interessi, per poi orchestrare un linciaggio mediatico di entrambi. Ci sono finito anch’io, per accuse che spaziano dal traffico d’influenze illecite alle percosse e alla lesione personale. Questo modo d’informare è un’arma di distrazione di massa, come dico da sempre. E purtroppo ci siamo cascati anche noi”. Perfetto.




Al direttore – Ho letto l’articolo di Giuliano Ferrara che critica aspramente un mio editoriale, pubblicato da Repubblica dell’altro ieri a proposito della contestazione subita da David Grossman nel corso di un incontro di “La Repubblica delle Idee”, domenica scorsa a Bologna.

Rifletterò su quanto scritto da Ferrara perché sono cocciutamente convinto dell’importanza di un dibattito pubblico franco e senza infingimenti. Se replico, dunque, è solo per evitare un fraintendimento davvero micidiale. Ferrara inizia così il suo articolo: “Come gli viene in mente a Luigi Manconi di definire compagni che sbagliano i disgraziati che hanno fischiato David Grossman?”. Chiunque è libero, va da sé, di utilizzare il linguaggio che meglio gli aggrada e le immagini e le metafore che ritiene più opportune: e il senso dell’accusa di Ferrara mi è chiaro. Ma, a scanso di equivoci, è forse utile precisare che nel mio articolo non mi sono mai sognato di utilizzare la formula “compagni che sbagliano”: e tantomeno penso che quei militanti filopalestinesi lo siano. Anche perché il numero di persone che considero compagni è talmente minuscolo da poterle contare sulle dita di una sola mano. Cordialità.

Luigi Manconi




Al direttore – Ottant’anni dopo la sua tragica morte sotto tortura, la città di Roma ha voluto ricordare Leone Ginzburg, dedicandogli una via. Una decisione importante che sana una ferita nella memoria della città. Sarebbe importante che dopo questo significativo gesto politico e morale, l’Amministrazione capitolina dedicasse una via alla memoria di Enzo Sereni, figura di primo piano della resistenza antinazista e antifascista, esponente di primo piano del sionismo di ispirazione socialista, cofondatore del kibbutz di Giv’at Brenner e interprete di primo piano di un futuro possibile di convivenza fra il nascente stato di Israele e il mondo arabo.

David Meghnagi, ordinario Società psicoanalitica italiana (Spi)

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