Euro 2024, essere Luis de la Fuente

Il ct della Spagna è odiato perché se ne frega dei tifosi. Roba da volergli bene solo per questo

Quando nel dicembre del 2022 la Federazione spagnola annunciò che il nuovo commissario tecnico della Spagna sarebbe stato Luis de la Fuente, i calciofili spagnoli si divisero in due gruppi. Quelli che pensarono “de la Fuente chi?” e quelli che iniziarono con gli improperi nei confronti dell’allora presidente Luis Rubiales, quello dei baci e degli abbracci alle calciatrici della Nazionale femminile per intenderci. Tutto abbastanza scontato. Perché o Luis de la Fuente non lo si conosceva affatto, almeno fuori dai Paesi Baschi, oppure lo si detestava.

Non rientra nella categoria dei simpatici del calcio, Luis de la Fuente. Nemmeno tra gli antipatici a cui si vuole bene, quelli di successo. Certo, ha vinto i Giochi del Mediterraneo alla guida della Spagna Under 18, gli Europei alla guida dell’Under 19, l’Europeo con l’Under 21 e l’argento olimpico con l’Under 23. Detto francamente, robetta: vittorie che non entusiasmano i più. Chi aveva sentito parlare di Luis de la Fuente certo non lo conosceva per le vittorie con le giovanili, ma per quella dichiarazione che rilasciò a proposito di Pep Guardiola. Alla domanda “quanto la Spagna deve a Guardiola?”, rispose: “Noi guardiamo il presente pensando al futuro. Il calcio cambia più in fretta della testa degli allenatori”. Non certo il modo migliore per ingraziarsi la benevolenza degli appassionati. Luis de la Fuente non sta simpatico quasi a nessuno in Spagna, forse a qualche basco, ma tanto i baschi in Spagna li considerano ormai come personaggi folkloristici.

Chi lo conosce però dice il contrario: “E’ una persona intelligente, quando parla riesce a farti ridere alla grande, ha un’ironia contagiosa. E’ però riservata a pochi: allo staff e agli amici. In realtà capisco chi lo considera uno stronzo. Non lo è, ma non gli piace parlare con chi non conosce”, dice al Foglio Iñaki Ibarrea, tuttofare delle giovanili dell’Athletic Bilbao tra il 1980 e il 2020, anni nei quali Luis de la Fuente passò dal campo alla guida delle squadre giovanili dei Lehoiak.

Luis de la Fuente non sta simpatico quasi a nessuno in Spagna perché se ne frega del calcisticamente corretto, soprattutto di quel che va per la maggiore nel calcio, spagnolo e non. Luis de la Fuente non fa caso a quello che dice la stampa e la gente, non legge gli articoli sportivi e si è sempre detto disinteressato al chiacchiericcio. All’epoca della sfortunata esperienza alla guida dell’Alavés nella stagione 2011-2012 (tre vittorie, quattro pareggi e due sconfitte in Segunda División, con tanto di esonero a ottobre) disse: “I tifosi mi annoiano, tutti hanno soluzioni geniali che in realtà sono solo cazzate. Sarebbe magnifico se trionfasse il silenzio e i mezzi d’informazione non facessero altro che riportare i risultati delle partite”. Non certo il modo di ingraziarsi il pubblico. C’è stato di peggio, tipo rock star che hanno sputato verso chi era nelle prime file ai loro concerti. Dissero che era roba punk.

Luis de la Fuente non è punk, al limite è dada. Distrugge quello che c’è, ma non si limita a distruggere, in un modo o nell’altro ricostruisce. Stravolge il senso comune, annienta il guardiolismo e tutti gli ismi del calcio e fa a modo suo, checché ne dicano giornalisti e tifosi. E’ il bambino che porta il pallone al campo e che se ne va con il pallone quando gli altri rompono le scatole o fanno i bulli. Se ne frega insomma. Dei tifosi, dei critici, della stampa, degli esperti, di tutto.

Non allenasse la Spagna si potrebbe voler bene a un commissario tecnico così. A patto di essere dada, a patto di fregarsene di chi ci sta intorno.

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