Chi è Jensen Huang, il Taylor Swift dell’intelligenza artificiale

Nell’ufficio a Taipei di Morris Chang c’è un disegno incorniciato e appeso a una parete che, da solo, racconta buona parte della rivoluzione digitale che sta vivendo il mondo in questa nuova èra dell’intelligenza artificiale. Il novantaduenne Chang è il fondatore della Taiwan Semiconductor Manufactoring Company (Tsmc), l’azienda leader mondiale dei semiconduttori. Il decollo del colosso taiwanese è legato alla prima rivoluzione digitale, quella di internet, e soprattutto alla partnership tra Tsmc e Apple, che ha portato al boom degli iPhone. Ma se Steve Jobs è l’uomo che in qualche modo ha fatto la fortuna di Chang, nel disegno appeso alla parete l’anziano fondatore è ritratto insieme a un altro top manager. Uno che deve larga parte del suo successo proprio al re dei chip di Taipei: Jen-Hsun Huang, un altro figlio di Taiwan che ora tutti conoscono con il nome americanizzato in “Jensen”.

È stato lo stesso Jensen Huang a regalare il disegno al suo idolo e sotto ha fatto incidere una dedica che dice tutto dell’ammirazione che prova per Chang: “La tua carriera è un capolavoro: sei la Nona Sinfonia di Beethoven”. 

È da qui, da Taiwan e da Chang, che bisogna partire per capire Huang. Il nuovo Steve Jobs, l’amministratore delegato di Nvidia, una società che fino a pochi anni fa conoscevano solo gli appassionati di videogame e gli addetti ai lavori del mondo tech. L’altro ieri Nvidia ha compiuto l’ultimo salto a Wall Street, dopo tre anni di crescita esplosiva, e ha superato Microsoft dopo aver già lasciato alle spalle Apple. Adesso l’azienda di Santa Clara, nella Silicon Valley, è la numero uno al mondo con una capitalizzazione di oltre 3.300 miliardi di dollari. E Huang, che l’ha fondata a trent’anni nel 1993 e la guida da allora come ceo, è uno degli uomini più ricchi del pianeta, con un patrimonio personale di circa 115 miliardi di dollari. 

Tutto parte da Taiwan perché è lì che si producono gran parte dei chip che hanno rivoluzionato il mondo e promettono di rivoluzionarlo di nuovo con l’IA generativa. Senza la capacità produttiva di Chang, Nvidia non sarebbe mai riuscita a tenere il passo della crescita mostruosa che avuto negli ultimi anni, quando da azienda specializzata in Gpu, le schede grafiche nate per i videogiochi, si è trasformata in casa madre per i prodotti che creano la potenza di calcolo necessaria per l’IA. Tutti adesso vogliono la tecnologia di Nvidia, perché è quella che serve a tenere il passo con l’evoluzione dell’intelligenza artificiale. E questo ha reso il gruppo di Huang in breve tempo più ricco di Amazon e Meta messe insieme.

Ma da Taiwan bisogna partire anche per capire Huang, che è nato nel 1963 sull’isola, nella città di Tainan, e da piccolo si è trasferito con la famiglia a vivere in Thailandia. Da lì è poi approdato a dieci anni negli Stati Uniti ed è cresciuto nell’Oregon, lo stato della Nike – un’altra azienda storicamente legata al mondo asiatico – delle grandi foreste e degli spiriti liberi. Gli anni della laurea in Ingegneria alla Oregon State University, prima di partire per il master a Stanford e una vita nella Silicon Valley, sono quelli che hanno plasmato in effetti quello spirito libertario oregoniano che Huang mostra ancora oggi. E che è incarnato dal suo oggetto simbolo: il giubbotto di pelle nera. 

Se non avete mai sentito parlare di Huang, siete in buona compagnia di una larga fetta di americani, che in larga parte lo hanno scoperto solo due mesi fa da un post su Instagram di Mark Zuckerberg. Il fondatore di Facebook ha postato una foto del suo scambio di giacca con Huang, per mostrarsi orgoglioso con indosso uno dei giubbotti da motociclista del capo di Nvidia. “Non lo conoscete? – ha scritto Zuck – Lui è la Taylor Swift del mondo della tecnologia”. 

 

 

Da trent’anni, inverno ed estate, Huang gira sempre con giubbotti di pelle di vari tagli, tutti vagamente ispirati a Marlon Brando, che ora probabilmente prenderanno il posto iconico che avevano nella Silicon Valley le maglie turtleneck di Steve Jobs disegnate da Issey Miyake, i bomber da aviatore di Jeff Bezos o le magliette grigie di Zuckerberg. 

Anche il look fa parte di un personaggio che ha fama di essere tra i manager che più conoscono il proprio prodotto e hanno uno sguardo capace di anticipare il futuro. Di sicuro Huang vide lunghissimo quel giorno dell’aprile 1993 quando prese posto con due amici in uno squallido fast food della catena Denny’s a San Jose, in una zona all’epoca malfamata della città. Gli altri due erano Chris Malachowsky e Curtis Priem e insieme decisero, tra omelette e tazze di caffè, di avviare una startup dedicata a produrre graphics processor units (Gpu), schede che all’epoca andavano installate sulla scheda madre di un pc per renderlo capace di sviluppare giochi in 3D e animazioni sempre più realistiche. Era nata Nvidia, che ora potrebbe segnare il ventunesimo secolo come Microsoft e Intel hanno segnato la fine del ventesimo

Quando la startup cominciò a produrre, il mercato era ancora piccolissimo, ma i tre soci avevano visto arrivare l’onda. Huang si licenziò dal lavoro che aveva in Amd, un altro dei colossi dei chip, e Nvidia iniziò a rilasciare schede grafiche dai nomi iperbolici come “Titan X” o “GeForce Gtx 1080” che innescarono una rivoluzione nel mondo dei videogamer.

Huang dimostrò di nuovo di avere la vista lunga nel 2003 quando, tra lo scetticismo degli investitori di Nvidia, decise di cominciare a proporre le Gpu non solo alle aziende di giochi, ma all’intero mondo tech alla ricerca di potenza di calcolo. Quando le schede di Nvidia si rivelarono perfette per accogliere reti neurali e favorire i processi di machine learning, l’intuizione trovò conferma. 

Il boom attuale è stato possibile in buona parte grazie a Tsmc e all’amicizia con Chang. E ora a Taiwan Huang è una star. Nei giorni scorsi ha partecipato a Taipei al Computex, il principale evento tech locale, con la moglie Lori e i figli Spencer e Madison, che lavorano entrambi in Nvidia: dovunque è andato, indossando l’inseparabile giubbotto di pelle, si sono viste scene di solito riservate alle star del mondo della musica o dello sport. 

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