A Roma mancano 78 sezioni a quasi due settimane dalle elezioni. Un comune smart

Ci piaccia o no, oggi viviamo tutti in un mondo di eufemismi e di meschini travestimenti. Per esempio, adesso l’uomo che vi sotterra si chiama necroforo. Tutti, tranne forse la salma, sanno che è un becchino, ma quel nome estroso aiuta a convincere i dolenti che il loro caro in realtà non è morto, si è soltanto assentato per alcuni milioni di anni. Il dentista è dunque oggi un odontoiatra, lo spazzino è un operatore ecologico come il sagrestano è un operatore liturgico. Così, allo stesso modo, al comune di Roma, l’uomo che si occupa di presiedere alla Pubblica amministrazione, quello insomma che vi fa consegnare la carta d’identità dopo circa un anno dalla richiesta,  si chiama – udite udite – “assessore per la città in 15 minuti” (nota: leggiamo dal sito del comune che la città dei 15 minuti “è una città a portata di mano”). Egli fa di nome Andrea Catarci,  è di sinistra-sinistra ed è simpaticissimo. Martedì, per esempio, ha spiegato la ragione per la quale l’amministrazione dei “quindici minuti”, dopo quasi quindici giorni, non ha ancora computato quelle famose settantotto sezioni elettorali romane che a oggi impediscono di sapere esattamente con quanti voti sono stati eletti gli europarlamentari del Centro Italia. Unico caso in Europa, Roma la notte delle elezioni è andata in tilt col suo sistema informatico amministrativo. Di chi è la colpa? All’incirca di Guido Crosetto e Matteo Piantedosi. Dice infatti Catarci: “Due ministeri, la Difesa e l’Interno, sono stati irritanti e infidi”. Ecco. Tiè.

 

Dopo averlo ascoltato, pare che nella Pubblica amministrazione comunale, quella dei quindici minuti (o quindici giorni o quindici mesi a seconda si tratti di schede elettorali, carte d’identità o certificati vari) all’improvviso la parola “genio” sia cominciata a correre con la disinvolta impudicizia di una danzatrice che si dimena in un baraccone da fiera. Genio! Di solito calmo e placido come un villaggio messicano nelle ore della siesta, il comune di Roma è stato dunque attraversato da un brivido d’eccitazione. Lo stesso che probabilmente ha provato, la notte delle elezioni, il direttore generale del Campidoglio, cioè il capo operativo dell’amministrazione di cui Catarci è responsabile politico. Egli si chiama Paolo Aielli, è sposato per puro caso con un’assessora del sindaco Roberto Gualtieri che si chiama Monica Lucarelli, e mentre il sistema informatico del suo comune saltava in aria impedendo di calcolare le preferenze delle europee era…  in vacanza sulla Via Francigena. E non per quindici minuti.

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