Mentre la Consulta discute di fine vita, i vescovi pensano al premierato e all’autonomia

La Conferenza episcopale italiana, che nelle ultime settimane si è espressa sulle riforme del governo Meloni, resta in totale silenzio su questioni laceranti come la bioetica e l’eutanasia. Eppure la Chiesa avrebbe molto da dire

La Corte costituzionale è chiamata a pronunciarsi, per la seconda volta, sul fine vita. La questione di legittimità costituzionale riguarda un’interpretazione più ampia delle indicazioni della stessa Consulta che nel caso di Dj Fabo stabilì che per poter accedere legalmente all’aiuto medico alla morte volontaria la persona deve essere dipendente da trattamenti di sostegno vitale. Un tema delicatissimo e che scuote le coscienze, a prescindere dagli orientamenti politici di ciascuno. Sorprende, dunque, il totale silenzio della Conferenza episcopale italiana sulla vicenda. Sorprende ancor di più se paragonato alla loquacità di queste settimane su autonomia differenziata e premierato, con riflessioni sulla Costituzione, sulla Presidenza della Repubblica, su Altiero Spinelli e il Manifesto di Ventotene. Su questioni laceranti come la bioetica e il fine vita, i vescovi si sono limitati nei mesi scorsi a qualche dichiarazione casuale o a brevi riflessioni inserite nei comunicati assembleari. Una Nota potente come quella sull’autonomia differenziata, no. Soprattutto ora. Eppure, su questo tema, la Chiesa avrebbe molto da dire. Testimoniando, magari, quanto degno sia il percorso d’accompagnamento fatto anche grazie ai tanti medici palliativisti.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.

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