“Da 30 anni nessuna legge può essere approvata senza l’ok dei magistrati, la politica reagisca”. Parla Petrelli (Ucpi)

“Da almeno trent’anni in questo paese nessuna riforma può essere portata a termine senza il consenso della magistratura. Occorre che la politica con un atto di responsabilità e di orgoglio recuperi gli spazi che le appartengono. E’ la politica che deve orientare i destini di una democrazia. Non devono essere i magistrati a dire cosa è bene e cosa è male, cosa è etico e cosa non lo è, con un deragliamento dai princìpi fondamentali di una democrazia liberale. Pensiamo che questo paese abbia le energie e sia ancora in tempo per recuperare i giusti equilibri”. A dirlo, intervistato dal Foglio, è Francesco Petrelli, presidente dell’Unione camere penali italiane (Ucpi), all’indomani della presa di posizione dell’Associazione nazionale magistrati contro la riforma sulla separazione delle carriere

 

Al termine di un’assemblea straordinaria, sabato scorso l’Anm ha ribadito il suo “giudizio fortemente contrario sulla riforma dell’ordinamento giudiziario nel suo complesso”, incentrata sulla separazione delle carriere tra pm e giudici, la creazione di due Csm e l’istituzione di un’Alta corte per i giudizi disciplinari. Il comitato direttivo centrale dell’Anm ha annunciato un’immediata “mobilitazione culturale e una sensibilizzazione dell’opinione pubblica sui pericoli di questa riforma”, con l’organizzazione anche di una o più giornate di sciopero, in relazione all’iter parlamentare di discussione del ddl di riforma costituzionale. Insomma, al momento giusto, quando per esempio la riforma otterrà il primo via libera di un ramo del Parlamento, i magistrati scenderanno in piazza per opporsi alla sua approvazione. 

 

La presa di posizione dell’Anm è stata interpretata dai penalisti come una “inaccettabile sfida al Parlamento”: “Si potrebbe dire che il potere giudiziario abbia gettato la maschera, contrapponendosi apertamente a quello legislativo, se non fosse che è evidente a tutti da almeno trent’anni che nessuna riforma possa essere portata a termine in questo paese senza il consenso della magistratura. Un potere che domina indisturbato il proscenio della nostra democrazia ben oltre le competenze e le funzioni che sono state attribuite dal Costituente alla magistratura”, recita una dura nota dell’Ucpi.

 

Al nostro giornale Petrelli ribadisce questa lettura: “Tutti devono essere liberi di poter esprimere il proprio pensiero e la propria posizione. Ormai, però, si ritiene che non ci sia legge rispetto alla quale l’Anm non debba esprimere non solo il proprio parere ma addirittura il proprio consenso”. “La quantità degli interventi – prosegue Petrelli – incide sulla qualità dell’autonomia e dell’indipendenza del Parlamento, facendo emergere un chiaro problema per il funzionamento della democrazia. Sono i giudici a essere soggetti alla legge, ai sensi dell’articolo 101 della nostra Costituzione, quindi almeno  si lasci che le leggi le faccia liberamente il Parlamento”.

 

“E’ una condizione in cui ormai si versa da troppo tempo, caratterizzata da un arretramento della politica dalle sue normali funzioni”, prosegue il presidente dei penalisti. “Assistiamo a una progressiva deformazione del sistema. Si pensi anche al Consiglio superiore della magistratura, che esercita come prassi un potere che non gli è attribuito dalla nostra Costituzione: quello di dare pareri su qualsiasi proposta di legge, anche laddove non richiesto dal potere legislativo o dal governo”. “Per questi motivi, invitiamo la politica a riprendersi gli spazi che le appartengono in una democrazia costituzionale”, ripete Petrelli. 

 

La riforma costituzionale della magistratura sarà in questo senso un banco di prova fondamentale. Petrelli respinge “gli argomenti insostenibili” utilizzati dall’Anm contro la riforma. Questa, secondo le toghe, porrebbe ad esempio “le premesse per il concreto rischio dell’assoggettamento del pubblico ministero al potere esecutivo”. “Già la nostra proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare, per la quale nel 2017 abbiamo raccolto circa 70 mila firme, prevedeva la creazione di due Csm. Qualcuno ci dovrebbe spiegare cosa di più di un organismo di governo autonomo dei pm possa garantirne l’autonomia e l’indipendenza. E’ l’assetto attuale della magistratura, quindi perché mai uno identico dovrebbe esporre la magistratura requirente a una soggezione al potere politico? Poi se si vogliono raccontare delle favole è un altro conto”. 

 

Allo stesso tempo, per Petrelli è da respingere l’argomento secondo cui la riforma sarebbe inutile essendo oggi pochissimi  i passaggi di funzione fra pm e giudici: “Si tratta di una vera truffa delle etichette. La separazione delle funzioni non ha nulla a che vedere con la separazione delle carriere. Se pm e giudici, pur non potendosi scambiare i ruoli, continuano a frequentare la stessa panchina e lo stesso spogliatoio è chiaro che ne viene fuori un sistema che nega l’esistenza di un giudice terzo”. “I giudici devono avere una carriera separata, perché altrimenti il giusto processo, che è già scritto nella nostra Costituzione nell’articolo 111, non potrà mai trovare una piena realizzazione”, conclude Petrelli. 
 

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