Azione, FI, gli altri e l’anelito a una “coalizione Ursula” italiana. Parla Ettore Rosato

Roma. Il centro che non c’è o non c’è più, il centro che avrebbe spazio ma non si sa se ha le persone per guidarlo, il centro che esiste ma si è ristretto, strattonato qui o lì nell’eterno tiro alla fune che lo vorrebbe più sbilanciato a destra o più sbilanciato a sinistra. Fatto sta che, dopo il voto europeo che ha decretato il non raggiungimento del quorum per la lista Stati Uniti d’Europa di Emma Bonino (Più Europa) e Matteo Renzi (Italia Viva) e per Azione di Carlo Calenda, di questo fantomatico centro si discetta molto, e lo si guarda come fosse un miraggio. Il Terzo polo non c’è più, praticamente non c’è mai stato, ma c’è voglia di ricrearlo – e da più parti: c’è chi chiama in causa gli ex democristiani, chi i sindaci moderati del Pd, chi i più centristi tra i centristi di Forza Italia. E ogni partito che potrebbe ambire alla leadership del centro sembra essere entrato in una sorta di sottintesa campagna acquisti: chi potrebbe andare lì, chi potrebbe andare là? “Fantapolica”, dice Ettore Rosato, vicesegretario di Azione dopo l’uscita da Italia Viva nell’autunno scorso, considerato uno dei possibili futuri uomini e donne “ponte” verso il confine, e dunque anche verso la Forza Italia premiata dalle urne. “Non ci penso proprio. Ma una cosa va detta, al di là della fantapolitica. Azione ambirebbe a contribuire al processo di creazione in Italia di un governo omologo a quello che sembrerebbe profilarsi in Europa”. Cioè una coalizione “Ursula bis”, con popolari, socialisti e liberali? “Diciamo che mi piacerebbe che il governo nazionale avesse le stesse basi della maggioranza che governerà l’Europa. E’ fattibile? Intanto vale la pena spendere energie in quella direzione”. Resta il problema del rilancio-ricostruzione-rinascimento al centro. Con chi? “Diciamo che la valutazione da fare ora, quella seria”, dice Rosato, “è quanto di più lontano possa esistere dalle valutazioni precipitose e improduttive post-voto. L’area di centro ha certamente bisogno di una riorganizzazione, e i prossimi mesi serviranno a capire in quale direzione. Per quanto ci riguarda, le esperienze di federazione hanno dimostrato, tanto più con questo voto, la propria fragilità”. Anche andare per conto proprio, però, non ha portato il risultato sperato, l’8 e 9 giugno. “Azione esiste, è un partito, è il partito più grande nell’area di quelli che si erano presentati al centro e non hanno raggiunto il 4 per cento. Sentiamo la responsabilità di proseguire in questo percorso, alternativo ai massimalismi di destra e di sinistra e alternativo a questo governo. E siamo disponibili ad allargare”. Anche verso il centro del centrodestra, verso FI? “Azione continuerà ad avere le porte aperte, e faremo presto un’iniziativa per rilanciare il partito e anche per coinvolgere quelli che vorrebbero trovare una casa per i riformisti. Ma andiamo oltre i tecnicismi lessicali: che si chiami manifesto o costituente o casa è la sostanza che conta”. Resta il tema dei corteggiamenti oltre cortina: centristi di centrodestra chiamano centristi di centrosinistra e viceversa. “Tutti i corteggiamenti sono lusinghieri, ma il punto non è il destino personale, il punto è il percorso che sta facendo il paese, e non mi pare che con autonomia e premierato si vada da qualche parte. Mi paiono riforme subite anche da FI, queste, seppure con gli accorgimenti e le modifiche a cui sta lavorando”. Motivo in più per dialogare? “Ripeto”, dice Rosato: “Oggi Azione ambirebbe a costruire le condizioni per creare un governo nazionale omogeneo a quello che si costituirà in Europa, perché sarebbe più utile per l’Italia. Ma vorrebbe dire rompere i fronti a destra e a sinistra, marginalizzando gli estremi a destra e a sinistra”.  

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