Test premierato in Senato per Meloni. Tutti precettati per scacciare le ombre di strane assenze

“Niente scherzi, tutti in Aula”. Dopo la lunga parentesi internazionale – G7, vertice di pace in Svizzera e Consiglio Ue informale – Giorgia Meloni si attende una risposta militare da parte della sue maggioranza. Alle 18 il Senato licenzia  “la madre di tutte le riforme”: il premierato. Ci sarà anche la diretta tv sulla Rai, concessa dal governo alle opposizioni in cambio del voto contingentato a oggi. In contemporanea entrerà nel vivo, con tanto di notturna, l’Autonomia. Alle 18 le opposizioni (eccetto Azione e Italia viva) si daranno appuntamento in piazza Santi Apostoli contro le riforme, prove tecniche di campo largo, antipasto del fronte che si creerà quando si celebrerà l’ordalia del referendum. Presidente Meloni, bentornata a Roma.

 

A Palazzo Madama gira la voce che potrebbero esserci “strane” assenze fra i banchi della maggioranza per lanciare un messaggio trasversale alla premier. Uno spiffero, condito da complottismo, arrivato puntuale a Palazzo Chigi dove il sospetto è di casa, prende forma e cammina per i corridoi. Meloni non si aspetta aiuti da Renzi e soci, ma allo stesso tempo pretende che il voto fili liscio.  La maggioranza si regge in Senato su 115 voti: 12 in più della maggioranza assoluta. Nel pallottoliere bisogna tenere conto anche dei senatori a vita, figure che – eccetto i presidenti emeriti della Repubblica – la riforma vuole cancellare. Delle truppe di centrodestra fanno parte anche una ventina, fra ministri, vice e sottosegretari, che possono votare in quanto senatori. Il ministro per i Rapporti per il Parlamento Luca Ciriani (FdI), per evitare incidenti già accaduti in questa legislatura come quello clamoroso sul Def, da ieri sollecita tutti i membri del governo a essere presenti oggi in Aula. Con messaggi sui cellulari e mail alle varie segreterie. “Niente scherzi”: oggi si celebra il primo dei quattro passaggi necessari per la riforma costituzionale.

 

Le elezioni europee hanno ringalluzzito il Pd. Non si accettano defezioni, se non per chi è veramente giustificato. Stesso lavoro per i capigruppo: chi non ci sarà dovrà presentare una dettagliata giustificazione. Dunque con le opposizioni sull’Aventino parlamentare e in piazza, Meloni non può e non vuole dare prove di debolezza o, peggio ancora, di sbadataggine. Anche per scacciare i fantasmi – ammesso che siano palpabili – di strane manovre all’ombra del premierato. Volte, secondo letture maliziose e forse paranoiche, a indebolire la maggioranza. Oggi la prova dei numeri che, come si sa, hanno la testa dura. Il relatore del testo in Senato, Alberto Balboni, è euforico: da ieri sta dicendo che è pronto a festeggiare due volte. Per il sì di Palazzo Madama e per il contestuale compleanno. Meloni avrà davanti a sé anche il fronte del no che per la prima volta gonfierà i muscoli con una manifestazione che partirà da Rifondazione comunista per arrivare al Pd, passando per il M5s e Avs. Una mobilitazione prodromica a quella si vedrà per il referendum (atteso con ogni probabilità a primavera del 2026, al netto dell’incastro con l’iter dell’altra riforma, quella sulla Giustizia). E il Quirinale? Nemmeno un refolo di vento sembra tirare dalle vetrate del Colle. Sergio Mattarella finora non si è espresso sul premierato, e non ha intenzione di farlo anche se in qualche modo coinvolge e limita le attuali prerogative del capo dello Stato. Il quale è più preoccupato, racconta chi ha consuetudine con lui, per gli effetti dell’Autonomia. Per la quale non si prevedono particolari scossoni al momento del voto, se non per due ordini del giorno, ispirati dal governatore calabrese di Forza Italia Roberto Occhiuto. Con la trattativa per la nuova commissione Ue già incardinata, Meloni non sembra disponibile ad accettare sorprese sulla riforma che tanto le sta a cuore. Un azzardo che vuole correre.

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