I Boston Celtics vincono l’Anello Nba. Ha vinto la squadra più forte

Gara-5 finisce 106-88: i biancoverdi vincono il loro 18esimo anello e diventano così la franchigia più titolata dell’Nba. Jaylen Brown è stato nominato Mvp delle Finals

Trionfa Boston. Sul velluto, di pura forza, chiudendo anche la serie finale su un perentorio 4-1: nell’ultima notte Nba della stagione, Dallas con le spalle al muro non regge l’urto al TD Garden (106-88, ma partita in ghiaccio sul +21 già a fine primo tempo). Troppo solitario il talento di Luka Doncic nel momento del bisogno, troppo ampio e versatile quello dei Celtics. Alla consegna dell’anello, Jaylen Brown viene nominato Mvp delle Finals. Ma poco importa: avrebbero potuto esserlo almeno altri tre-quattro giocatori in canotta biancoverde. Ha vinto la squadra più forte. Ha vinto la squadra più squadra.

Jaylen Brown (foto Ap, via LaPresse)

Boston chiude così un’annata da record, centrando il titolo – il 18esimo: staccati i Lakers, è la franchigia più iridata della lega – a 16 anni dall’ultima volta. Può scattare la festa nella città del basket sulla East Coast. Tatum come Pierce, Holiday come Garnett, coach Mazzulla come Doc Rivers. E numeri alla mano, anche di più. 80 successi e 21 ko stagionali, 16-3 il cammino nei playoff: il settimo migliore di sempre, il più dominante dal 2017 (quando i Warriors, 16-1, sbriciolarono la concorrenza). Forse il talento dei singoli non pareggia i campioni del passato. Eppure Boston, anche in queste Finals, ha vinto all’insegna di una parola: profondità. Del roster, delle soluzioni, della lettura di gioco – soprattutto nei punto a punto: quando le partite si sono chiuse sotto i 10 punti di scarto, questi Celtics hanno esultato 6 volte su 6. Sono stati infallibili a non complicarsi la vita. Fortunati a trovarsela in discesa: sulla loro via hanno eliminato Miami senza Butler, Cleveland che ha chiuso senza Mitchell e Indiana senza Haliburton. Poi, all’ultimo atto, i Mavericks con Doncic a mezzo servizio (e comunque straordinario).

“Non importa se ho giocato sopra il dolore o quanto ne avessi”, la cruda analisi di Luka. “Ero sul parquet. Ci ho provato. Non ho fatto abbastanza”. Per inciso: 29 punti di media, alle sue prime Finals di sempre, ‘tradito’ semmai da Irving e dai lunghi. Onore delle armi a Dallas, dunque, ma i Celtics hanno brillato ogni volta in modo diverso. In gara-1 determinante il redivivo Porzingis. Poi un monumentale Jrue Holiday, anche da realizzatore (in quanto a doti difensive, superfluo aggiungere altro). Alla terza, decisiva partita in Texas riecco Brown e Tatum: 61 punti in due. Con il numero zero a ripetersi in gara-5 (altri 31), smentendo così le critiche attorno a una serie giocata sotto ritmo in termini di finalizzazione. Vero, l’Nba ha scelto di premiare la continuità di rendimento di Brown. Ma l’atteso Tatum è stato in ogni caso determinante, soprattutto per non aver forzato la giocata quando la palla non entrava. A partire dalle dichiarazioni alla stampa. “Isiah Thomas non sempre stato l’Mvp delle Finals”, le sagge parole di Jayson prima del match-point. “E nemmeno Tim Duncan, Kobe o Larry Bird. Mentre Curry ci è riuscito solo una volta. Certo, da professionista cerco di vincere tutto quello che ho di fronte. Ma non sarei triste neanche un po’, se non conquistassi il premio di Mvp: sarei soltanto entusiasta di vincere le Finals”. Così per i Celtics è stato. Primi senza primedonne, fino all’ultimo canestro.

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