Netanyahu chiude la “War Room”, lo scontro con l’esercito e il ruolo dei civili a Gaza

Il primo ministro Benjamin Netanyahu chiude la “War Room” una settimana dopo l’uscita di Benny Gantz e Gadi Eisenkot dal governo di emergenza e di unità nazionale. 

 
La decisione di Netanyahu era attesa alla luce della richiesta del ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, di partecipare al gabinetto speciale al posto dei ministri uscenti assieme a Netanyahu, al ministro della Difesa Yoav Gallant e al ministro degli Affari strategici Ron Dermer. La “War Room”, convocata ogni giorno dal 7 ottobre in una stanza a prova di missili della Kirya, il “Pentagono” israeliano a Tel Aviv, per decidere i bombardamenti, i corridoi umanitari, i colloqui sugli ostaggi e gli spostamenti dei battaglioni, sarà sostituita dal tradizionale gabinetto di sicurezza, che da sempre gestisce le emergenze in Israele, e da “un forum di consultazione più ristretto”. Da un lato, il gabinetto di guerra era l’organismo più efficace nella gestione della guerra dal 7 ottobre. Dall’altro, la “War Room” faceva parte dell’accordo tra Netanyahu e Gantz, secondo cui la gestione della guerra avrebbe avuto luogo in questo forum, piuttosto che con tutti i ministri. Solo Netanyahu, Gantz e Gallant avevano diritto di voto, ma la maggior parte delle decisioni sono state prese per consenso, rendendo i voti non necessari. Dopo la partenza di Gantz, i funzionari americani, compreso il segretario di Stato Antony Blinken, avevano esortato Netanyahu a non sciogliere il gabinetto. Ma includere la destra di Ben Gvir avrebbe causato un’altra rottura diplomatica con gli Stati Uniti. Un’opzione era che il ministro degli Esteri Israel Katz si unisse, ma Smotrich e Ben Gvir hanno insistito che se il gabinetto fosse stato ampliato, loro avrebbero dovuto farne parte. Le decisioni importanti dovranno ora passare attraverso il gabinetto allargato.

  
Intanto la guerra contro Hamas va avanti con il suo pegno di sangue. Otto soldati israeliani sono rimasti uccisi all’alba di sabato a seguito di una esplosione che ha investito il veicolo blindato con cui stavano rientrando da una missione nel quartiere Tel Sultan di Rafah. 

Ma non è solo scontro nel governo. Anche fra governo e militari. “Abbiamo un paese con un esercito, non un esercito con un paese”, avrebbe detto, secondo Channel 13, il premier israeliano Netanyahu durante una riunione contro la “pausa umanitaria” annunciata dall’esercito. “Per arrivare all'eliminazione di Hamas ho preso decisioni che non sempre vengono accettate dai militari”, avrebbe detto ancora Netanyahu. “Il nostro imperativo è continuare ad andare avanti, stiamo attaccando la brigata Rafah di Hamas e continueremo finché non la sconfiggeremo”, fa sapere il capo del comando meridionale dell’esercito, il maggior generale Yaron Finkelman. In due settimane Israele dovrebbe avere il pieno controllo di Rafah

Il Wall Street Journal ha intanto rivelato quanto sia complicato per Israele trovare gli ostaggi. E’ la storia della nota famiglia di Gaza che teneva in ostaggio nella loro casa tre dei quattro ostaggi salvati l’8 giugno. Secondo il quotidiano, il medico 73enne Ahmad Al Jamal e suo figlio, il giornalista Abdullah Al Jamal, nascondevano Almog Meir Jan, Andrey Kozlov e Shlomi Ziv in una stanza nel loro appartamento a Nuseirat. Per il mondo esterno, Ahmad era una figura rispettata della comunità: un medico in una clinica pubblica, un imam noto per le sue recitazioni del Corano e il capo di una famiglia legata ad Hamas. Tuttavia, a porte chiuse, l’appartamento di Al Jamal era diventato una prigione per ostaggi. Secondo i residenti locali intervistati dal Journal, Ahmad svolgeva la sua normale routine di lavoro e di culto mentre suo figlio Abdullah e la nuora Fatma custodivano gli ostaggi nella stanza buia. 

Sebbene l’uso indiscriminato di scudi umani da parte di Hamas fosse già ben documentato, il blitz ha rivelato un nuovo grado di depravazione nell’incorporare i prigionieri nelle case dei civili palestinesi.
 

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