Un G7 piccolo piccolo con Israele

Era stato annunciato un G7 dedicato anche al medio oriente, per cercare di trovare la soluzione a  una guerra che va avanti da otto mesi e che è impigliata ai “sì” e ai “no” di un gruppo considerato “organizzazione terroristica” da parte di tutti e sette i grandi e che continua a non accettare l’ultima proposta per il cessate il fuoco promossa da Israele in cui sono contenute quasi tutte le richieste fatte da Hamas. E’  già  inconcepibile che la guerra a Gaza debba finire con i terroristi, che hanno iniziato la guerra attaccando i kibbutz di Israele, ancora al potere; è già  assurdo che i terroristi continuino a dettare le condizioni mentre tengono prigionieri circa centoventi israeliani, vivi o morti;  ed è pure scoraggiante che dalle conclusioni del vertice riferite al conflitto a Gaza emerga solo la solita e necessaria condanna di Hamas accompagnata, a poca distanza, da un richiamo a Israele a rispettare il diritto internazionale umanitario.

Questo è il momento della pressione, è l’istante tardivo in cui ci si è accorti che se si vuole far finire la guerra allora bisogna  puntare il dito contro il gruppo che continua ad avanzare richieste “irrealizzabili”, come ha detto il segretario di stato americano Antony Blinken dopo aver visionato la capricciosa risposta del gruppo alla proposta israeliana per il rilascio degli ostaggi e il cessate il fuoco. Le conclusioni del G7 sono un buffetto a Hamas, già poco sensibile alle accuse internazionali.

Questo è il momento di riaffermare il principio che i terroristi non possono dettare le condizioni, altrimenti il mondo sarà in preda alla loro non-legge. E attorno a Israele sta già succedendo, basta guardare a nord, dove dal Libano Hezbollah imperversa nonostante ci sia una risoluzione dell’Onu per evitare i suoi attacchi e un contingente delle Nazioni Unite per vigilare. Invece  i sette grandi   hanno dedicato agli attacchi del gruppo sciita, mano armata  dall’Iran in grado di lanciare più di duecento razzi al giorno, qualche riga alla fine del paragrafo dedicato al conflitto a Gaza. Un’occasione sprecata, inutile essere grandi se si continua a tentennare.

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