Spalletti e la sua verità distante dal consenso altrui

Il tecnico toscano ha preparato l’europeo a Coverciano a modo suo: con quell’animo verace che lo caratterizza. Dalla campagna promozionale dei numeri 10 ad un percorso di maturità professionale di cui tutta Italia potrebbe, forse, beneficiare

Nessuno è mai completamente se stesso. Seminiamo indizi di verità, che puoi intuire dai nostri sguardi, dal nostro tono della voce. Siamo come giocatori di poker, sempre pronti al bluff ma spesso vittime dei nostri nervi, capaci di farci scoprire le carte con un semplice tic, come una sigaretta che si accende, o una mano che si protende all’improvviso verso la punta del naso. Siamo veri e siamo falsi, tutti quanti, anche i cosiddetti veraci, che a me paiono vongole, anziché uomini. In queste settimane che hanno anticipato l’inizio dell’Europeo, la Nazionale si è chiusa a Coverciano, sotto la direzione attenta del nostro commissario tecnico.

A lui il compito di organizzare il lavoro, immaginare uno scenario tecnico all’interno del quale muoversi, comprendere in modo sufficientemente chiaro il carattere dei suoi uomini, i complessi retaggi psicologici che muovono i rapporti all’interno di una collettività chiamata squadra. Spalletti è un maestro di attenzioni, sembra quasi un artificiere impegnato a scoprire le mine sotto i piedi. Conosce l’arte della finta, anche se da calciatore era un uomo di sostanza, privo di quella fantasia che appartiene ai giocatori velati di mistero. Da allenatore si è rivelato l’esatto contrario, un prestigiatore con il coniglio sempre sul chi vive sotto il cappello. Oltre a svolgere al meglio il suo lavoro di ct, si è fatto divulgatore in questi giorni di numerose campagne promozionali. Su tutte, quella del talento di cui abbiamo già parlato, con i numeri 10 chiamati a sfilare sulla passerella di Coverciano come mannequin appassite ma sempre evocative di cose belle, di un passato che ritorna all’improvviso, come un amore adolescenziale dentro un ricordo.

Che sia stata farina del suo sacco o meno, poco importa, resta la sostanza di una iniziativa in grado di provocare sensazioni. Nessuno è mai completamente se stesso, siamo indizi di verità. Tranne quando ci troviamo davanti al bisogno di vincere, perché quello è un momento in cui nessuna maschera ci aiuta a diventare più belli, o comunque diversi. O riusciamo a prevalere sull’avversario (c’é sempre un antagonista in qualsiasi sport), o diventiamo sbagliati. Spalletti, con il tempo, ha imparato a gestire l’ultimo atto con maggiore serenità rispetto al passato. Ha sostituito i suoi piccoli mostri (ci sono fantasmi che ritornano quando siamo più sensibili) con soldatini di zucchero pronti a marciare per lui. Spalletti è diventato più vero quando ha smesso di cercare il consenso a tutti i costi. E oggi questa sua maturità viene messa a nostra disposizione con altruismo e ambizione. Se poi sarà vittoria (il risultato è un amore spesso fragile) tutta l’Italia lo ringrazierà.

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