Perché nel prossimo Parlamento europeo saranno indispensabili i liberali. Parla Sandro Gozi

Perdere un sacco di voti e di eletti ma comunque restare centrali per ogni maggioranza. Anzi, di più, deciderla. Potrebbe essere questo il miracolo (forse riuscito, forse no, vedremo) ai liberali europei. Il gruppo di Renew Europe, che pure tra un parlamento e l’altro ha lasciato per strada una ventina deputati, non è in ottima salute, inutile negarlo. Così come è inutile negare che non stravede (anzi, il contrario) per la presidente uscente Ursula Von der Leyen. Ma allo stesso tempo, per quanto acciaccato, potrebbe essere l’architrave di qualsiasi futura maggioranza. L’asse Ppe e Pse da solo non basta per raggiungere la soglia magica dei 361 voti. Ne servono altri: quelli dei liberali. Ma il senso dell’indispensabilità dei liberali nel prossimo parlamento, potrebbe non essere solo numerico. Anzi, potrebbe essere soprattutto politico. Sandro Gozi, segretario generale del Partito democratico Europeo e unico italiano (perché eletto in Francia) a sedere nel gruppo dei liberali, spiega al Foglio perché: “Esistono vari aspetti da considerare. A partire dal fatto che i gruppi parlamentari si stanno formando in questi giorni, e i conti si fanno alla fine. Esiste la fondata ipotesi che alla fine il gruppo liberale, tra qualche settimana, conti più seggi di quelli che occupa ora. Perché potrebbero esserci degli innesti, per esempio l’arrivo di deputati che nei loro gruppi non si sentono più rappresentati, o che magari, espressione di paesi piccoli, temono di non trovare né spazio né voce, perché soffocati da altre rappresentanze nazionali molto più numerose”.
 

Già questo sarebbe un colpo di scena all’interno dei precarissimi equilibri della nuova Strasburgo. Ma, dicevamo, i numeri sono il mezzo. Non il fine. Il fine è quello di ancorare la maggioranza, e di conseguenza anche l’operato legislativo della Commissione, all’Europeismo duro e puro. “Non esiste nessun percorso credibile di ingresso in maggioranza dei conservatori di Ecr”, continua Gozi. Eppure il vicepremier Antonio Tajani ha dichiarato che, a suo giudizio, la maggioranza auspicabile è Liberali-Popolari-Conservatori, magari con qualche innesto leghista. “Non so che conti abbia fatto Tajani, ma al di là del fatto che numericamente non tiene, non ce ne sono i presupposti politici. I liberali hanno detto e ripetuto di non essere disponibili a far parte di una maggioranza così sbilanciata a destra e così intrisa di euroscetticismo. Se Tajani dice questo vuol dire o che non parla con il presidente del suo partito, Manfred Weber, che sta trattando con noi e con i socialisti e non con Ecr, oppure molto probabilmente che sta parlando solo ai suoi interlocutori a Roma”. Anche l’ipotesi di una stampella meloniana, nella lettura di Gozi, appare decisamente improbabile: “Se i deputati di Fratelli d’Italia vogliono votare la fiducia alla commissione o singoli provvedimenti si accomodino. Non possiamo certo impedirlo. Ma questo non significa entrare a far parte della maggioranza in modo organico”. Quindi, alla fine, sarà Ursula bis, con maggioranza Ursula bis? “Non sarei così sicuro della conferma di Von der Leyen, sulla quale abbiamo espresso molte perplessità e altre continuiamo a esprimerne. Ma al di là del nome per la presidenza, anche la maggioranza potrebbe non essere esattamente quella uscente. Per esempio potrebbero entrare i Verdi. L’ipotesi di un loro ingresso in maggioranza  mi sembra  credibile e persino auspicabile. Certo, potrebbe andare incontro a veti, specie da una porzione del Ppe. Rinunciare ai Verdi potrebbe essere la contropartita che una parte dei popolari potrebbe chiedere in cambio della rinuncia a Ecr. Sarebbe un peccato ma vedremo”. 

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