La sinistra si ricompatta, la destra va in frantumi. La faccia della Francia elettorale

L’abrogazione della riforma previdenziale e un ritorno all’età pensionabile a 60 anni, un aumento del salario minimo a 1.600 euro mensili e il ripristino della patrimoniale, ma anche una nuova tassa sui super profitti a beneficio del bilancio europeo, “verso una Sesta Repubblica” e in vista di “abolire la monarchia presidenziale”. E’ questo, in sintesi, il programma del Nuovo fronte popolare, la coalizione delle sinistre, socialista, ecologista, comunista e mélenchonista, che si presenterà alle elezioni legislative dei prossimi 30 giugno e 7 luglio con un candidato unico per ogni circoscrizione. L’accordo tra le varie forze politiche della gauche è stato ufficializzato giovedì sera, dopo giorni di negoziazioni estenuanti e tensioni su alcuni temi, come l’antisemitismo, i massacri di Hamas del 7 ottobre e la posizione sulla guerra in Ucraina. “Il presidente della Repubblica ha fatto una scelta azzardata, in un momento in cui l’estrema destra è al massimo della sua potenza”, ha denunciato Olivier Faure, primo segretario del Partito socialista, rivolgendosi ai francesi, “donne e uomini che hanno paura” dell’ascesa dei partiti sovranisti in Europa, “dall’Ungheria di Orbán all’Italia di Meloni”. “Chiedono di essere protetti. E l’unica forza politica che può proteggerli è la sinistra. Tutto ciò che resta siamo noi: e quando dico noi, intendo l’intera società”, ha affermato Faure.

Il Nuovo fronte popolare mira inoltre ad abrogare la nuova riforma del governo in materia di indennità di disoccupazione, ma anche la legge sull’immigrazione: insomma, l’obiettivo è smontare progressivamente quanto costruito da Macron. “Un delirio totale”, ha commentato il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire. “Il programma del Nuovo fronte popolare è un ritorno al 1981 moltiplicato per dieci, è la certezza del declassamento e dell’uscita dall’Ue”, ha aggiunto Le Maire, sottolineando che la proposta di una pensione a 60 anni produrrebbe “un crollo economico garantito”, “il ritorno della disoccupazione di massa per tutti i francesi” e “il fallimento dei conti pubblici”. 
Anche Raphaël Glucksmann, capolista dei socialisti alle europee, ha dato la sua benedizione al Nuovo fronte popolare, nonostante la presenza della France insoumise che durante la campagna lo ha preso di mira e sull’antisemitismo è sempre stata ambigua. “Per me l’unica cosa che conta è che Rn non vinca queste elezioni e non governi questo paese. Questo è ciò che conta, e l’unico modo per farlo è un’unione della sinistra. E’ la nostra responsabilità storica”, ha dichiarato Glucksmann a France Inter. L’eurodeputato ha aggiunto: “Emmanuel Macron ha deciso lo scioglimento dell’Assemblea nazionale con tre o quattro consiglieri, nulla lo ha obbligato, gettando la Francia nel caos. La verità è che ha aperto la strada verso il potere nel nostro paese all’estrema destra”. Tra le misure imposte da Glucksmann durante le trattative, figurano l’impegno chiaro sul sostegno all’Ucraina, ma anche la descrizione degli attentati del 7 ottobre come massacri terroristici, oltre che una lotta spietata contro l’antisemitismo

Se a sinistra, seppur con fatica, è stato trovato un accordo, a destra l’unione tra i Républicains e il Rassemblement national è ancora tutta da costruire. Perché il partito gollista è più diviso che mai. Da una parte c’è Éric Ciotti, il presidente sfiduciato due volte  – ma la sua sfiducia non è stata convalidata dal tribunale cui si è rivolto Ciotti – che tira dritto verso l’alleanza con Marine Le Pen e Jordan Bardella alle legislative (i candidati ciottisti di Lr sostenuti da Rn sarebbero un’ottantina). Dall’altra, ci sono i gollisti indignati dall’apertura che si stanno orientando verso un accordo con la maggioranza. Secondo quanto rivelato ieri dall’Opinion, è stato raggiunto un accordo tra l’ala liberale di Lr e la macronia nel dipartimento degli Hauts-de-Seine per non schierare candidati concorrenti. Intanto a Reconquête, l’altro partito sovranista, si è consumato con gran clamore il divorzio tra il presidente Éric Zemmour e la capolista alle europee, Marion Maréchal. Quest’ultima potrebbe riavvicinarsi al Rassemblement national, senza riprendere la tessera di partito, ma lavorando in sinergia per portare avanti il progetto di unione delle destre.

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