L’Olimpia Milano ha vinto il terzo scudetto di fila, ma dominare in Italia non basta

Il trentunesimo scudetto dell’Olimpia è il regalo più bello che questa squadra potesse fare a Giorgio Armani per i 90 anni che stanno arrivando. Perché se il basket in Italia è ancora uno sport che riempie i palazzetti i meriti sono soprattutto suoi e di chi da anni cerca di batterlo, come ha fatto anche in questa stagione Massimo Zanetti. Speriamo non cambino mai idea e continuino a trascinare gente come Luigi Brugnaro, Graziella Bragaglio o Beniamino Gavio che a fine hanno inaugurerà un vero gioiello. Onore a chi ha vinto, ma anche a chi ha partecipato.
 

Il trentunesimo, come ha detto capitan Melli, è lo scudetto della consapevolezza. Ma è anche lo scudetto dei rimpianti per l’Olimpia che avrebbe dovuto giocare da squadra tutto l’anno e non solo dopo la sconfitta di inizio playoff con Trento. Milano festeggia per il terzo anno di fila come non le capitava dalla preistoria, ha dovuto farsi davvero bella, solida e compatta per battere una Virtus che fino all’ultima goccia di energia ha provato ad allungare il suo sogno. Alla fine è stata decisiva la vittoria di Milano in Gara 1 a Bologna: ha ribaltato il fattore campo e tutto il resto. Milano ha aperto con Shields e chiuso con Mirotic votato miglior giocatore delle finali. Alla fine tutti avranno capito perché Ettore Messina lo ha portato a Milano pur sapendo che avrebbe rotto equilibri delicati e instillato in Nicolò Melli la voglia di andarsene. Sarebbe un peccato perdere il capitano, il giocatore simbolo, il vero volto di questa squadra. All’origine dell’epopea Armani quella squadra aveva una base formata da tre giocatori italiani giovani e straordinari, Melli, Gentile e Hackett. Rimase solo Gentile e non finì bene. Perdere per la seconda volta Melli sarebbe davvero il modo peggiore per rovinare la festa del Forum. Milano ha bisogno di simboli come lui che ha questa squadra nel cuore. Messina ha sottolineato l’importanza della squadra, quella che non senza errori, alla fine è riuscito a costruire cucendosi sul petto il settimo scudetto personale. Ma una squadra è fatta anche di giocatori simbolo, di ragazzi che sono diventati uomini indossando questa maglia. E che capiscono quando è il caso di rendere onore a un monumento come Hines, probabilmente all’atto finale di una carriera pazzesca, lasciandogli alzare la coppa dello scudetto. Anche da questi piccoli grandi gesti si capisce la grandezza di un uomo e di un giocatore.

 

Un’altra caratteristica della trasformazione Olimpia nei playoff è stata l’umiltà. Ogni vittoria ha avuto un protagonista diverso, ma dietro a loro che di volta in volta si sono presi il palcoscenico, c’è sempre stata la squadra, quella che si era smarrita in Europa, in Superlega e in finale di Coppa Italia. Milano non ha bisogno di rivoluzioni per vincere anche in Europa. Anche lì potrebbe bastare l’umiltà. In campo, in panchina e nell’ufficio del presidente. Il terzo scudetto di fila deve trasformarsi nell’inizio di una storia meravigliosa.

Leave a comment

Your email address will not be published.