Il passaggio sull’aborto nella dichiarazione finale del G7? Lo scandalo non c’è, la furbizia sì

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore – Eric Ciotti, presidente dei Républicains, è il Conte (nel senso di Giuseppe) francese.

Michele Magno




Al direttore – Scrive Massimo Fini sul Fatto quotidiano: “Sono anni che si cerca di rifare la storia della stagione di Mani pulite e, non potendo cancellarla, si inventano frottole. E non solo da parte dei berluscones, ma anche di esponenti di sinistra”. Il riferimento di Fini non è solo a Giovanni Pellegrino (che di recente ha sostenuto che Mani pulite mirava al primato del potere giudiziario, in contrasto col disegno costituzionale), ma anche a Rino Formica. “Il compagno Rino Formica va più in là – scrive Fini – affermando che ‘Borrelli voleva fare il capo dello stato’. Me ne dispiace, perché Formica è un uomo onesto da tutti punti di vista e uno dei pochissimi socialisti a non aver rubato”. “Che cosa sia saltato in testa a Rino Formica, che ha 97 anni, non riesco proprio a capirlo”, chiosa Fini. Che forse sottovaluta una considerazione piuttosto semplice, vale a dire che a Formica non sia saltato in testa un bel nulla. Magari ha solo detto la verità. 


Luca Rocca




Al direttore – Mi sono convinto, direttore, che tutto il fervore per la vicenda politica e umana di Giacomo Matteotti sia dovuto in una certa misura al fatto che governa la destra accusata di non aver abiurato il fascismo. Si tenta di chiamare Meloni a rispondere anche di quel delitto. Non le pare?

Giuliano Cazzola




Al direttore – Se fosse vero che gli italiani sono per il bipolarismo, i votanti non continuerebbero a diminuire. I cittadini vogliono essere rappresentati, sia nei territori che alla Camera e al Senato: visto che, fino a prova contraria, il sistema vigente in Italia è parlamentare. Gli analisti politici e gli schieramenti di centrodestra e centrosinistra, per autoconvincersi e creare un alibi alle forzature che hanno apportato alla Costituzione dal 1994, continuano a dire che non c’è spazio per un polo centrale. Ridicoli! Perché non confessano invece che, tra vandalizzazioni della Carta costituzionale e leggi elettorali oscene, hanno cancellato, insieme alla proporzionalità, le preferenze e la rappresentatività, a vantaggio del leader unico e del governo di pochi? Da Berlusconi in poi, tutti, proprio tutti hanno contribuito all’allontanamento dalle urne degli elettori, speculare all’allontanamento della politica da loro. Politica che finge di rammaricarsi per l’astensionismo, ma in realtà gongola: “Meno siamo, meglio stiamo”. Mi chiedo: i presidenti della Repubblica che si sono succeduti da trent’anni a questa parte non si sono accorti di tali e tanti stravolgimenti, che oltretutto ora potrebbero partorire un premierato di un leader ancor più unico o, peggio, accentratore? Forse è vero che da noi il capo dello stato può fare meno di quanto si pensi; allo stesso tempo però è vero che, per dare la sveglia o qualche scossone alle Camere, di fronte a leggi impresentabili, l’esercizio delle dimissioni esiste perfino al Quirinale.

Giovanni Panunzio




Al direttore – Ma alla fine, caro Cerasa, come finirà con il testo finale del G7 per quanto riguarda la parte sull’aborto?

Lucia Tassini

Proviamo a ricostruire. Mercoledì si scopre che in una bozza relativa ai contenuti della dichiarazione finale del G7 sparisce un passaggio che era stato indicato nelle dichiarazioni finali del G7 di Hiroshima un anno fa. Questo: “We reaffirm our full commitment to achieving comprehensive SRHR for all, including by addressing access to safe and legal abortion and post abortion care”. Il passaggio effettivamente non c’è nella bozza e forse non ci sarà neanche oggi perché, dicono le fonti del governo italiano, “nella dichiarazione finale ci sarà un esplicito riferimento, in un paragrafo, agli impegni assunti a Hiroshima e che vengono riconfermati”. Sintesi: non c’è la parola aborto perché è negli impegni che vengono richiamati. A tutto questo, poi, si aggiunge un altro elemento, emerso nella notte tra martedì e mercoledì. La Francia, in una bozza di lavoro che il Foglio ha potuto consultare, a pagina trentadue ha chiesto di esplicitare un passaggio, non accontentandosi del semplice richiamo: “Access to safe and legal abortion and post abortion care as fundamental right”. A fronte di quella richiesta, l’Italia, come ricordato ieri sul Foglio da Giulia Pompili, ha detto, saggiamente, che andare oltre il testo di Hiroshima sarebbe stato impossibile senza aggiungere qualcosa che bilanciasse il testo, con riferimenti ad altri diritti fondamentali. Vista l’ora tarda, il negoziato si è concluso senza aggiungere nulla, confermando la bozza in cui gli impegni presi a Hiroshima venivano confermati senza essere esplicitati. L’idea che ci siamo fatti della storia è questa: nel passato, come ci hanno confermato alcuni ex premier, vi sono state dichiarazioni molto lunghe alla fine del G7, dichiarazioni che non hanno lesinato ripetizioni. Il governo ha scelto di non avere il passaggio sull’aborto in modo esplicito, nella dichiarazione, senza rinnegare la dichiarazione fatta a Hiroshima, e anzi confermandola (cosa che, secondo Reuters, avrebbe però fatto arrabbiare i diplomatici della Casa Bianca e cosa che, ha detto ieri Emmanuel Macron, provoca “dispiascere”). Gli impegni vengono confermati ma non vengono esplicitati. Lo scandalo non c’è, la furbizia sì.




Al direttore – Gentile direttore, devo ringraziarla per questa iniziativa di cui sento la necessità, nell’esigenza di dimostrare che non tutto il nostro paese sia stato davvero completamente plagiato dalla propaganda di chi ha gridato le frasi più becere contro lo stato di Israele e contro gli ebrei in genere. Il ribaltamento repentino dei fatti e delle responsabilità è stato incredibile, ma ancora di più fa male vedere come i media e le trasmissioni televisive si siano schierate da una parte sola, invitando persone che inneggiavano alla vittoria di Hamas, mentre denigravano e cambiavano le verità storiche senza alcun contraddittorio. Eppure lo stato di Israele ha dato molto in tutti i campi, compreso quello morale di uguaglianza e di apertura mentale e continua a farlo e si distingue in quell’area tormentata dalla dittatura, grazie a una scelta democratica che ha sempre perseguito. Il governo attuale è contestato anche dall’interno ogni settimana e mi auguro che abbia vita breve, per restituire l’armonia e la libertà vera di sempre. Sono rimasta scandalizzata non tanto dal piccolo gruppo di studenti che si è lasciato manipolare dai facinorosi e dagli infiltrati, quanto da tutta la grande massa degli studenti che sono rimasti immobili e silenziosi permettendo che non si lasciasse parlare nessun altro e si impedisse a loro stessi di frequentare e di continuare regolarmente i propri studi. Questa è l’indifferenza di cui si parlava a proposito della Shoah. Inutile dire quello che penso di professori e rettori impreparati che lasciano i ragazzi allo sbando culturale. Aderisco senz’altro al suo appello augurandomi un notevole, significativo, sincero numero di adesioni.

Giuditta Di Porto, insegnante di scuola primaria in pensione

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