I potenti del mondo a lezione dal Papa

Dopo aver letto sull’intelligenza artificiale, il Papa ha alzato lo sguardo sui leader seduti attorno al tavolo e ha consigliato loro la lettura del “Padrone del mondo” di Robert Hugh Benson. Per la cronaca, l’opera racconta di un futuro distopico in cui narra la presa del potere da parte di Julian Felsenburgh (dietro di lui c’è l’Anticristo), che in nome dell’umanitarismo e del comunismo, abbatte la Chiesa cattolica e conquista il mondo

Roma. Dopo aver letto il discorso preparato (nella forma breve, ha premesso), il Papa ha alzato lo sguardo sui leader seduti attorno al tavolo e ha consigliato loro la lettura del Padrone del mondo di Robert Hugh Benson, così da capire che è preferibile, quando si tratta di pensare ai destini del mondo, “non uniformare tutto”.

Per la cronaca, l’opera consigliata racconta di un futuro distopico in cui narra la presa del potere da parte di Julian Felsenburgh (dietro di lui c’è l’Anticristo), che in nome dell’umanitarismo e del comunismo, abbatte la Chiesa cattolica e conquista il mondo. Questo è il contesto. L’ideale di mondo non uniforme è la massima politica del pontificato: il poliedro è meglio della sfera, che è perfetta e in cui ogni punto ha la stessa distanza dal centro e ogni punto è uguale l’uno all’altro. Meglio la varietà, le tante facce del poliedro, appunto. Ciascuna con le proprie caratteristiche e la propria identità. Papa Francesco era la guest star della seconda giornata di lavori del G7 a Borgo Egnazia. Atterrato a mezzogiorno, è stato scortato dalla premier Meloni nella sala riservata ai bilaterali, dove ha incontrato la direttrice generale dell’Fmi, Kristalina Georgieva, Volodymyr Zelensky, Emmanuel Macron e Justin Trudeau. Clima disteso e cordiale tra il verde degli ulivi e il bianco del tufo. Con il presidente ucraino è andata meglio rispetto allo scorso anno, quando già le foto post udienza rivelavano che le cose non erano andate bene (lo confermò l’algido comunicato di Kyiv, due ore dopo). Stavolta è lo stesso Zelensky, su X, a fare la sintesi del colloquio: “Ho incontrato il Pontefice e ho ringraziato Sua Santità per le sue preghiere per la pace in Ucraina, la sua vicinanza spirituale al nostro popolo e gli aiuti umanitari per gli ucraini. Ho informato il Papa delle conseguenze dell’aggressione russa, del suo terrore aereo e della difficile situazione energetica. Abbiamo discusso della formula della pace, del ruolo della Santa Sede nello stabilire una pace giusta e duratura e delle aspettative per il vertice sulla pace globale. Ho ringraziato la Santa Sede per la sua partecipazione al vertice e ho sottolineato i suoi sforzi volti ad avvicinare la pace, in particolare al ritorno dei bambini ucraini rapiti dalla Russia”.

Francesco, al di là dei dieci bilaterali (ha visto anche il presidente keniota Ruto, l’indiano Modi, l’americano Biden, il brasiliano Lula e il turco Erdogan), è stato invitato a Borgo Egnazia per parlare di intelligenza artificiale. Tema alto e per certi versi oscuro, ma che per Bergoglio è riassumibile innanzitutto in “uno strumento affascinante e tremendo”. Affascinante perché entusiasma per le possibilità che offre, tremendo perché può essere usato in contesti bellici. E qui l’attenzione s’è destata fra i protagonisti del vertice – Francesco li ha salutati uno per uno, fermandosi per qualche secondo a dialogare con Erdogan –, divisi fra pacifisti tout court e interventisti (due posti più in là di Francesco sedeva Macron, che ha ipotizzato l’invio di uomini in armi in Ucraina): “In un dramma come quello dei conflitti armati è urgente ripensare lo sviluppo e l’utilizzo di dispositivi come le cosiddette ‘armi letali autonome’ per bandirne l’uso, cominciando già da un impegno fattivo e concreto per introdurre un sempre maggiore e significativo controllo umano. Nessuna macchina dovrebbe mai scegliere se togliere la vita a un essere umano”. Il Papa ha parlato di una sempre più evidente “eclissi del senso dell’umano e un’apparente insignificanza del concetto di dignità umana”. E questo accade “anche in comunità caratterizzate da una certa continuità culturale”, dove “si creano spesso accesi dibattiti e confronti che rendono difficile produrre riflessioni e soluzioni politiche condivise, volte a cercare ciò che è bene e giusto. Oltre la complessità di legittime visioni che caratterizzano la famiglia umana, emerge un fattore che sembra accomunare queste diverse istanze”.

In sostanza, ha osservato Francesco, “sembra che si stia perdendo il valore e il profondo significato di una delle categorie fondamentali dell’occidente: la categoria di persona umana. Ed è così che in questa stagione in cui i programmi di intelligenza artificiale interrogano l’essere umano e il suo agire, proprio la debolezza dell’ethos connesso alla percezione del valore e della dignità della persona umana rischia di essere il più grande vulnus nell’implementazione e nello sviluppo di questi sistemi”. La parola centrale della riflessione è “etica”: “Affinché i programmi di intelligenza artificiale siano strumenti per la costruzione del bene e di un domani migliore, debbono essere sempre ordinati al bene di ogni essere umano. Devono avere un’ispirazione etica”. Essendo poi un summit politico, l’auspicio finale del Papa è rivolto all’“importanza della ‘sana politica’ per guardare con speranza e fiducia al nostro avvenire. Come ho già detto altrove – ha chiosato Francesco – la società mondiale ha gravi carenze strutturali che non si risolvono con rattoppi o soluzioni veloci meramente occasionali. Ci sono cose che devono essere cambiate con reimpostazioni di fondo e trasformazioni importanti. Solo una sana politica potrebbe averne la guida, coinvolgendo i più diversi settori e i più vari saperi. In tal modo, un’economia integrata in un progetto politico, sociale, culturale e popolare che tenda al bene comune può ‘aprire la strada a opportunità differenti, che non implicano di fermare la creatività umana e il suo sogno di progresso, ma piuttosto di incanalare tale energia in modo nuovo’”. Appunti per il futuro, con il lascito di Benson da tenere aperto sul comodino.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.

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