Celebrare il massacro del Nova Festival. Vergogna a New York

“La mostra è stata presentata in anteprima a Tel Aviv per dieci settimane davanti a migliaia di persone che hanno testimoniato e ricordato le vite perdute. Abbiamo creato uno spazio sacro che riecheggia il peso dei ricordi delle vittime e dei sopravvissuti, circondato da resti recuperati dall'area del festival: auto bruciate, bagni crivellati di proiettili e oggetti personali abbandonati. I visitatori saranno invitati a unirsi alla richiesta di restituire in sicurezza i 134 ostaggi ancora tenuti prigionieri dai terroristi di Hamas. Saranno presenti i sopravvissuti  al brutale attacco al Nova per testimoniare la tragedia vissuta quel giorno. Questa struttura speciale è un faro che dichiara ‘Non smetteremo di danzare’”. 

 
Così i creatori della mostra che commemora i 360 israeliani uccisi da Hamas il 7 ottobre durante il rave nel sud  spiegano lo spirito del proprio memoriale che sorge nel distretto finanziario di New York, al numero 35 di Wall Street. 

 

La mostra è stata attaccata dai manifestanti filopalestinesi. Il sindaco Eric Adams, che ha visitato l’esposizione, ha definito la protesta “spregevole”. Così Andrew Bates, portavoce della Casa Bianca: “Gli eventi avvenuti in memoria delle persone assassinate al festival musicale Nova sono oltraggiosi e strazianti”. 

In una serie di post sui social media, Nerdeen Kiswani, un attivista che ha organizzato la protesta, ha scritto che i manifestanti filo-palestinesi si erano radunati a Union Square e avevano deciso di marciare verso la mostra perché “il festival musicale Nova era un rave vicino a un campo di concentramento”. Quindi i 360 ebrei assassinati erano dei nazisti che meritavano la morte. 

Chi pensava che le proteste antisemite nei campus di questa primavera fossero solo un altro Sessantotto o un’illusione temporanea si sbagliava: i manifestanti  non hanno permesso che si tenesse in pace nemmeno un tributo agli israeliani assassinati al Nova. I filopalestinesi non hanno ucciso nessuno, almeno non ancora. 

 

“Lunga vita all’Intifada”, ha esultato la folla fuori dalla mostra, che sorge in un luogo simbolo per New York, dove si ergeva il World Trade Center. “Israele và all'inferno”. I manifestanti hanno cantato “I sionisti non sono ebrei né umani”, e almeno uno striscione  diceva “Lunga vita al 7 ottobre”. Giovani americani sventolavano le bandiere di Hamas e Hezbollah e cantavano: “La resistenza è giustificata laddove le persone sono occupate”. Altri cartelli dichiaravano “Abolire lo stato dei coloni”. Intendono abolire Israele. 
Il New York Post ha pubblicato il video di un manifestante mentre urlava che avrebbe voluto che “Hitler fosse ancora qui”. Perché il leader nazista vi avrebbe “spazzato via tutti”. “Vi avrebbe spazzato via tutti”, ripete due volte, a scanso di equivoci. 

 

 
Una sopravvissuta al pogrom del Nova, Eilat Tibi, era a New York per rendere testimonianza alla mostra. Stava tornando, quando l’hanno chiamata: “Non andare, è troppo pericoloso”. Le hanno anche detto di non fare rientro all’hotel perché temevano che i manifestanti l’avrebbero seguita.

 

“Alzi la mano chi è sionista”

Intanto gli antisemiti in keffiah salivano su un vagone della metropolitana di New York e gridavano ripetutamente: “Alzi la mano chi è sionista. Questa è la tua occasione per uscire”. 

 
Poi i manifestanti hanno vandalizzato le case dei membri del consiglio ebraico del Museo di Brooklyn e l'edificio della direttrice del museo Anne Pasternak. I vandali hanno contrassegnato le porte delle loro case con triangoli rossi capovolti, simbolo utilizzato dalle brigate al Qassam, il braccio militare di Hamas, per identificare gli obiettivi. Queste famiglie ora hanno bisogno della protezione del Dipartimento di Polizia di New York. 

 
Bravo il sindaco democratico di New York, Eric Adams, che ha pubblicato sui social i volti delle vittime del festival Nova e che ha reso omaggio al memoriale. Potrebbero ispirarsi a lui i sindaci dem in Italia, come quello di Bologna (ma anche quelli di destra), che invece garriscono con le bandiere palestinesi i loro palazzi comunali. 

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