Sciascia, Cipolla, la stupidità

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore – In questa campagna elettorale, come lei ha osservato, il “bullshitter” (noi diremmo il contaballe) è diventato seriale. Ma non è una novità. Quarantacinque anni fa ne aveva già parlato Leonardo Sciascia: “E’ ormai difficile incontrare un cretino che non sia intelligente e un intelligente che non sia cretino. Ma di intelligenti c’è stata sempre penuria; e dunque una certa malinconia, un certo rimpianto ci assalgono quando ci imbattiamo in cretini adulterati, sofisticati. Oh, i bei cretini di una volta! Genuini, integrali. Come il pane di casa. Come l’olio e il vino dei contadini” (“Nero su nero”, 1979).


Michele Magno

Suggerisco la lettura di Carlo Maria Cipolla. Primo: “Le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide. In particolare, i non stupidi dimenticano costantemente che in qualsiasi momento e luogo, e in qualunque circostanza, trattare e/o associarsi con individui stupidi si dimostra infallibilmente un costosissimo errore”. Secondo: “Sarebbe un grave errore credere che il numero degli stupidi sia più elevato in una società in declino piuttosto che in una società in ascesa. Entrambe sono afflitte dalla stessa percentuale di stupidi. La differenza fra le due società consiste nel fatto che nella società in declino […] ai membri stupidi della società è concesso dagli altri membri di diventare più attivi”. Buon voto a tutti.


Al direttore – Il Foglio ha fatto bene a chiarire i termini della posizione della premier Meloni a proposito della tesi esposta dal governatore Fabio Panetta nelle “Considerazioni finali” sull’aiuto che l’immigrazione può dare all’Italia. E’ fondamentale scendere nel merito a proposito dei dati, delle analisi e delle valutazioni in tema di lavoro e occupazione elaborati dal dipartimento Economia e Statistica dell’Istituto che su questi temi ha da tempo una diffusamente riconosciuta autorevolezza. Ciò che, invece, non sarebbe condivisibile – ma non è la tesi del Foglio – sarebbe considerare inammissibile la replica della premier, come si è ventilato da qualche parte. Ciò sia detto dallo scrivente, che è stato 40 anni in Banca d’Italia e non è un sostenitore della Meloni. Il fatto è che all’autonomia e indipendenza della Banca non può non corrispondere l’autonomia e l’indipendenza del governo. Escluso ciò da cui in base al Trattato Ue debbono astenersi i governi – soprattutto pressioni e indirizzi nei confronti delle banche centrali dell’Eurosistema – per il resto non può non sussistere un’ampia dialettica, ovviamente fondata su dati e argomentazioni. La stessa funzione di alta consulenza che Bankitalia svolge presuppone che vengano o non vengano accolti i suoi suggerimenti, le sue proposte. Esiste tra l’Istituto e il governo una “discordia concors”: posizioni distinte, anche nettamente, ma con identica finalità che è la corrispondenza agli interessi generali. Anche nei passati momenti più duri del rapporto con i governi, l’Istituto non ha mai lamentato le critiche, ma, quando è stato necessario, ha adeguatamente replicato: si ricordi in proposito il governatorato Fazio. Con i migliori saluti.


Angelo De Mattia

Al direttore – Secondo Gad Lerner, l’azione di Bibi Netanyahu ha lo scopo di scatenare una guerra mondiale, e di questo piano diabolico, annota Lerner sul Fatto quotidiano, fa parte anche l’intenzione del premier israeliano di estendere la guerra al Libano colpendo Hezbollah. Non una parola, dicasi una, sugli attacchi, migliaia, che i terroristi sciiti agli ordini dell’Iran hanno lanciato nel nord di Israele; non una sillaba sui 60 mila israeliani costretti a lasciare le loro case; niente di niente sugli incendi divampati a causa degli attacchi con razzi e droni da parte di Hezbollah. Per Lerner la spiegazione è molto semplice: qualunque cosa accada in Israele, qualunque attacco, qualunque carneficina colpisca gli ebrei israeliani, la responsabilità è solo ed esclusivamente di Netanyahu. Anche il 7 ottobre? C’è da scommetterci.


Luca Rocca

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