Quel dubbio indicibile facendo il bucato

Mi piace talmente tanto stendere al sole che mi viene da chiedermi: veramente sarei stata così infelice a casa, a badare ai miei figli? Qualora rinascessi, ho deciso: sarò un’arzdora, la padrona delle cascine romagnole di un tempo

Mia madre mi riteneva un’incapace nei lavori domestici. Una volta, per mettermi alla prova, cercò di insegnarmi a fare la crema alla pasticciera. Ma se appena la rigiravo io nel pentolino, la crema si raggrumava tutta, “impazziva”. “Non sei portata”, concluse mia madre.Aveva solo ragione. La prima volta che, per svezzare il primogenito, tentai un brodo di verdure, dimenticai la pentola sul fuoco. Colonna di fumo nero in cortile, i vicini stavano per chiamare i pompieri. Negli anni poi ho sfamato la famiglia con risotti in busta, cotolette prelavorate, purè in polvere. Solo da adulti i figli hanno appreso che il purè si fa con le patate.

Mai stirate le magliette, mai lucidato un pavimento. Siamo sopravvissuti ugualmente, in un Kaos che ogni tanto ci si rovesciava addosso, incanaglito, dagli armadi stracolmi. Ma adesso, sento che sono a una svolta: mi piace che il sole entri, al mattino, da vetri limpidi. Mi piace fare il bucato. Scelgo con attenzione, al supermercato, l’ammorbidente. Senza farmi vedere lo apro, e sniffo. Sul balcone ho messo delle corde, e amo stendere lì, in quel cortile milanese. Certo, altra cosa è a Roma, sul tetto del condominio, allineare le lenzuola e ritirarle gonfie di vento, cotte di sole, dopo un’ora. Affondarci il naso. Mi domando se incombe la demenza o se invece le mie represse attitudini femminili non stiano, dopo quarant’anni di redazione, osando una rivalsa. C’è una bellezza, in una casa che sa di buono, con il basilico sul davanzale.

Mi piace tanto, quello stendere al sole, che mi attraversa un dubbio indicibile: veramente sarei stata così infelice a casa, a badare ai miei figli? (Ma taci, cose che non si possono nemmeno concepire). Tuttavia, qualora rinascessi, ho deciso: sarò un’arzdora, la padrona delle cascine romagnole di un tempo. Figli, orto, e galline: e nipoti, e cani, e gatti, tanti gatti nell’aia. Mani che accarezzano, crescono, curano, piantano, innaffiano. Se viene il sole o piove, lo sai dal vento. Nessun pc. Neanche un iPhone. Nella mia second life basta, con tutte queste parole.

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