In Olanda gli elettori anti europei sono rimasti a casa. E negli altri paesi?

Nei Paesi Bassi Frans Timmermans, l’odiato ex vicepresidente della Commissione europea all’origine del Green Deal, ha battuto Geert Wilders, il leader islamofobo a capo di una coalizione di governo di destra. Gli euroscettici hanno disertato le urne. Molto anche nelle altre nazioni dipenderà dalla capacità dei singoli partiti di mobilitare il proprio elettorato

Le elezioni europee hanno riservato una prima sorpresa. Nei Paesi Bassi Frans Timmermans, l’odiato ex vicepresidente della Commissione europea all’origine del Green Deal e leader dell’alleanza tra Laburisti e Verdi, ha battuto Geert Wilders, il leader islamofobo del partito di estrema destra Pvv che aveva trionfato alle elezioni legislative dello scorso novembre e che ha appena messo in piedi una coalizione di governo tutta di destra con un programma anti migranti condito da un po’ di euroscetticismo.

Alla vigilia del voto il Pvv era dato in testa da tutti i sondaggi. Giovedì sera gli exit poll e le proiezioni condotti all’uscita dalle urne hanno ribaltato il verdetto: l’alleanza Laburisti-Verdi di Timmermans ha ottenuto otto seggi, mentre il Pvv di Wilders si è fermato a sette e potrebbe perderne uno per strada. I numeri possono ancora cambiare: i risultati ufficiali saranno annunciati solo domenica sera, dopo che gli italiani avranno terminato di votare. Ma il sondaggista Maurice de Hond ha ottenuto i conteggi informali di un centinaio di seggi e ha preparato una proiezione: il 21,9 per cento a Laburisti e Verdi contro il 17,1 per cento al Pvv. I rapporti di forza si sono invertiti rispetto alle legislative di novembre, quando Wilders aveva trionfato con il 23,5 per cento e Timmermans era uscito sconfitto con il 15,7 per cento. Il Pvv ha fatto meglio che alle elezioni europee del 2019, quando era stato schiacciato da un altro partito di estrema destra che ora si è volatilizzato, il Forum per la democrazia. Tuttavia il risultato non è “da grande vincitore” come sostiene Wilders. Anche alle elezioni europee del 2009 il Pvv aveva ottenuto il 17 per cento. Inoltre, altri due partiti della coalizione Wilders perdono terreno rispetto a novembre, i liberali conservatori del Vvd e il Nuovo contratto sociale. Per contro, i partiti più europeisti – i liberali di sinistra dei D66 e Volt – guadagnano in seggi e percentuali. Sui 31 eurodeputati olandesi, i Paesi Bassi dovrebbero fornirne 21 alla maggioranza europeista (Partito popolare europeo, Socialisti&Democratici e liberali di Renew), praticamente lo stesso numero del Parlamento europeo uscente. Lo tsunami dell’estrema destra che dovrebbe sconvolgere l’Ue non ha avuto origine nei Paesi Bassi.

La volatilità elettorale, che sta contagiando tutti i paesi europei, non basta a spiegare la mezza sconfitta di Wilders. Nei sondaggi nazionali il suo Pvv resta il più popolare. Gli esperti olandesi di flussi elettorali hanno individuato un altro fattore: l’elettorato euroscettico ha disertato le urne, quello europeista è andato a votare. Secondo le stime, l’affluenza è stata attorno al 47 per cento, in crescita rispetto al 42 per cento delle elezioni europee del 2019. Il 56 per cento degli olandesi che avevano votato per Wilders a novembre sono rimasti a casa. Il 59 per cento di quelli che avevano scelto il Nuovo contratto sociale di Pieter Omtzigt, un cristiano-democratico dagli accenti euroscettici, hanno boicottato il voto. La percentuale degli astenuti rimane alta anche per i liberali conservatori del Bvd (47 per cento) e per il Movimento civico-contadino Bbb (44 per cento). I partiti europeisti hanno fatto molto meglio in termini di affluenza dei loro elettori. Solo il 22 per cento dei Laburisti-Verdi è rimasto a casa e il 31 per cento dei D66. “Non è scontato che l’estrema destra vinca queste elezioni!”, ha detto Timmermans, lanciando un invito agli europeisti degli altri stati membri: “Guardate cosa hanno fatto i Paesi Bassi: fate lo stesso!”.

La mobilitazione degli elettorati è il grande rompicapo di chi sta facendo sondaggi per le elezioni europee. Nel 2019 un po’ ovunque gli elettori pro Ue si erano dati da fare per scongiurare una vittoria degli anti europei, già allora sulla cresta dell’onda. Nel 2024 non si percepisce lo stesso impeto, anche se alcuni sondaggi mostrano un’inversione di tendenza. In Germania una ricerca Ipsos pubblicata ieri piazza l’estrema destra di AfD al quarto posto con il 14 per cento, dietro alla Cdu-Csu (30 per cento), ai Verdi (15 per cento) e alla Spd (15 per cento). In Spagna e Portogallo Vox e Chega non riescono a decollare. In Svezia e Finlandia l’estrema destra è stabile o perde terreno. A preoccupare di più il campo europeista è la Francia, dove il Rassemblement National di Marine Le Pen è ben oltre il 30 per cento, più del doppio della lista di Emmanuel Macron. Più che per o contro l’Ue, i francesi sembrano intenzionati a votare per punire il loro presidente. Ma le ripercussioni si faranno sentire in tutta l’Ue.

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