Cosa resta di una pirotecnica e surreale campagna elettorale molto poco europea. Un blob

La “stronza” della Meloni, Elly sul traghetto, il Bla bla Carl, il tappo di Salvini, il tocco di Conte. Tra situazionismo a manciate e grande sprezzo del ridicolo, si è parlato tanto d’Italia e quasi per niente di Bruxelles. E alla fine è arrivato Diabolik

Oddio, da dove iniziare? Dal ballo della sciura Moratti con Ivana Spagna sulle note di “The best”, spinoff di Antonio Tajani scatenato con “vola vola, si sa” dei Ricchi e Poveri? Oppure no: dal tocco felpato di Giuseppe Conte mentre palleggia – gratuitamente – con la capolista M5s Carolina Morace (nuova esibizione calcistica dell’ex premier, amante del genere dopo un vecchio e virtuoso tacco e punta a casa del re del cashmere Brunello Cucinelli e un numero alla Cassano tra le vie della sua Volturara Appula)?

Certo, per distacco l’immagine più potente di questa campagna elettorale forse è la vendetta à la Dumas o brutale ammissione, a seconda delle preferenze, sparata da “quella stronza di Giorgia Meloni” in faccia al governatore Vincenzo De Luca. Scena andata in onda al Parco verde di Caivano, forse – inconsciamente – per onorare anche i dieci anni della serie tv “Gomorra”. E comunque: gioco, partita, incontro per la premier. Con i ragazzi di Atreju – il vivaio goliardico di Fratelli d’Italia – che rilanciano le card sui social con il titolo “votate quella stronza della Meloni”. Spettacolo, orgoglio italiano, anzi romano. E poi, per carità, c’è sempre il generale Roberto Vannacci, così lisergico quasi da non apparire reale, ma frutto dell’intelligenza artificiale, nei suoi video tanto artigianali e surreali da sembrare usciti dagli “Occhi del cuore” di “Boris”.

Nella foga di questo impegnativo blob – o eurofumettone elettorale 2024 – ci si potrebbe dimenticare dell’indipendente del Pd Marco Tarquinio. L’ex direttore di Avvenire vuole sciogliere la Nato, ormai si sa. Si spera, almeno, nell’acqua santa e non nell’acido, ecco. “E comunque parla a titolo personale”, come si ama dire nel Pd, la nuova Casa delle libertà dove ognuno fa quello che gli pare, come direbbe in prosa Corrado Guzzanti. Attenzione al leghista Angelo Ciocca, vero bomber e europarlamentare uscente già noto alle cronache di colore di Strasburgo e dintorni: ha ingaggiato cheerleader per un balletto autopromozionale, ha palleggiato anche lui buttando giù i barattoli con le facce della commissione uscente. D’altronde Ciocca è quello che di se stesso dice: sono il Brad Pitt italiano. E’ tutto vero, basta googlare.

Come le accuse di “politica fallica” rivolte a Matteo Renzi (tac: querela partita dall’ex premier fiorentino e dal suo mai domo studio legale) da parte dell’assessore regionale Monia Monni del Pd. O l’assetato (di Spritz) ministro Carlo Nordio, accusato dai custodi del sacro Ordine di non volere dividere le carriere di camerieri e giornalisti, ma solo quelle dei magistrati.

In questi mesi di campagna elettorale abbiamo scoperto, inoltre, che il piatto preferito da Nicola Zingaretti sono gli spaghetti alla puttanesca che prepara con le sue mani. E anche, questa è fresca fresca, che la conquista della vetta del mondo del tennis da parte Jannik Sinner è un sintomo “dell’aria nuova che si respira in Italia”, almeno secondo la ministra del Turismo Daniela Santanchè. Da Open to meraviglia agli Open di Francia.


Anche i piccoli partiti si sono dati da fare per bucare il muro dell’indifferenza nel gran bazar della politica. Stefano Bandecchi (Alternativa popolare) che si mette a pompare flessioni in un tripudio di muscoli e poi confessa le tecniche da rimorchio di quando andava in discoteca (“Chiedevo a tutte: trombi? Balli? Balli? Trombi? Alla fine non ballavo mai”, segue risata e sguardo da marpione). E poi, per i feticisti della rete, c’è Laura Castelli, già grillina ministeriale a 24 carati con deriva dimaiana, ora in lizza con Libertà di Cateno De Luca, che tutte le sere pubblica “casa Maristelli”. E’ un format su Facebook di una ventina di minuti, con ambizioni di vianelliana memoria, in compagnia dell’inseparabile marito Giuseppe Marici, giornalista, ora prestatissimo alla causa coniugale. Ecco appunto da dove iniziare? Sono davvero troppi, lì dentro.


Tanto che anche il dannunziano Vittorio Sgarbi, che da candidato a Strasburgo per FdI annuncia di voler correre per la regione Campania l’anno prossimo, quasi quasi passa per un attrezzo già visto. Un piccolo bengala. Embè?

Idem per la sortita borghiana, nel senso del leghista Claudio e non di Jorge, contro il capo dello stato Sergio Mattarella il giorno della festa della Repubblica: tutto derubricato alla storia del personaggio, il proto Vannacci economico del Carroccio. Per il ciclo: una più, una meno e poi, sinceramente, ormai non si può più dire niente, signora mia. E quindi?

Non sorprende dunque perché sia stato subito dimenticato, dopo un giorno sulle homepage di tutti i siti internet dei giornali, il gesto di Capitan Ultimo (all’anagrafe Sergio De Caprio) che si toglie la maschera sul palco del teatro Quirino a Roma, schermo di protezione indossato dal super generale dei carabinieri da 30 anni, dai tempi dell’arresto di Totò Riina. Una curva della memoria. Tipo rivedere dopo nove anni, sotto la statua del Marco Aurelio in piazza del Campidoglio, il prof. Ignazio Marino, già allegro e defenestrato chirurgo dem ora intruppato con Avs, Alleanza Verdi e Sinistra, delle volpi Fratoianni & Bonelli, la coppia che ha lavorato al fianco sinistro tutta la facciata del Nazareno. Una sorta di Superbonus 4 per cento (come la soglia di sbarramento a cui puntano i rossoverdi).

Coraggio, si può fare di meglio o forse di peggio. Perfino il freschissimo video di Ilaria Salis – eroina di Avs scippata appunto al Pd dopo lunga e segreta trattativa svelata da questo giornale – dagli arresti domiciliari rischia di essere normalizzato, come il debito da 90 mila euro per la casa popolare occupata. Nonostante i giganteschi auricolari orbaniani senza fili della candidata e il braccialetto di costrizione alla caviglia. Per la prima volta ecco la voce della maestra antifascista che gira l’Europa a caccia di nazisti e che in carcere ha letto Dante. Ah, ok, c’è la Salis, e allora? Via, cambio di canale.

Non se ne esce. Nel dubbio c’è sempre Francesco Lollobrigida, assicurano gli specialisti del settore: dategli una piazza, un microfono, una telecamera e vi solleverà il mondo, o comunque l’umore. O al massimo uscirà fuori la storia delle vecchie chat del suo portavoce, Paolo Signorelli, con Diabolik, al secolo Fabrizio Piscitelli, il Pablo Escobar di Roma, ultras della Lazio finito male, e con una forte spirito anti romanista e antisemita. Ieri Meloni si è dovuta occupare di questo caso, cercando una strategia con il cognato per cercare di limitare l’impossibile.


Ma ora fermi tutti, un attimo di respiro.

Situazionismo a manciate, grande sprezzo del ridicolo, i leader come meme viventi, una costante e indomita autorappresentazione di sé da offrire a una politica Netflix che catturi 30 secondi di attenzione mentre armeggiamo con il cellulare. Un continuo “inoltra” e un perenne “condividi”. Ti prego, guarda questo! La caratterizzazione del personaggio a scapito dei programmi che, come si sa, alla fine non legge mai nessuno.


Dunque, alleluja: oggi e domani si vota per le elezioni europee, al netto della fortissima voglia di mare. Per il circolo vizioso del pensiero negativo alla fine passa il seguente assioma: altro che Ucraina, medio oriente, difesa comune, mutualizzazione del debito, Patto di stabilità e gestione dei migranti. Resta altro, si discute di altro, si pensa ad altro.

In effetti si è parlato e visto di tutto. Per poco, ma a flusso continuo. Paginate e talk sull’ultima bischerata da commentare, analizzare, vivisezionare. “Lei cosa ne pensa?”. Con tanti saluti al futuro della Commissione europea, alla posizione dell’Italia, ai nostri rapporti con Francia e Germania, all’America che innova e alla Cina che risponde e all’Europa che norma. E quando, di rado, è capitato di entrare nel merito degli argomenti e quindi del voto, ecco la reazione istintiva direttamente dal divano: “Amore, ti prego, cambia canale, per favore. Oppure passami il mio cellulare”.

Si è guardato molto all’Italia, con perenne dibattito sul fascismo incombente complice anche anniversari e ricorrenze fatali, e poco, pochissimo a Strasburgo. Insomma, cosa ci andiamo a fare lassù? Carlo Calenda ha denunciato più volte questa tendenza, puntando sul merito, anche durante i suoi “Bla bla Carl”, passaggi in auto a potenziali elettori da convincere, e poi filmare e infine condividere, ovvio. Ma dovendo superare la soglia di sbarramento, forse era preferibile il pulmino all’utilitaria. E allo stesso, però, è stato protagonista di un grande video sfottò tutorial nei confronti di Matteo Salvini su come si beve l’acqua da una bottiglietta di plastica senza impiccarsi troppo con il tappetto, come vorrebbe la Ue matrigna nel racconto salviniano. E’ stato il derby più Italia, meno Europa. Ma anche cambia l’Italia, cambia l’Europa e via così.

E’ stata colpa di tutti. Di loro, i politici. Di noi, i media. Delle agenzie di comunicazione perché qui bisogna pompare il candidato trattandosi di elezioni proporzionali con preferenza. Vuoi mettere allora il gusto di leggere un pezzone in punta di penna sul surreale comizio da un ferribotte di Elly Schlein, paonazza e a rischio colpo di sole, contro il Ponte sullo stretto? Colore e merito uniti insieme: l’ideale.

Questo articolo nasce dalla convinzione che di analisi pensose sul voto per Bruxelles alla gente interessi il giusto, convinta com’è delle proprie inscalfibili certezze: “Visto il video della Meloni? Fortissima”. Ma anche e soprattutto da un dibattito che ha navigato su e giù fra i mari del grottesco: scrivi Giorgia, barra Forza Italia Berlusconi, fai una X come quella della Decima Mas, metti il nome di Elly nel simbolo, togli il nome di Elly dal simbolo, scrivi Elly, scrivi generale, vota me e blocca la Tav (Eleonora Evi del Pd), quando pensi a Più Europa ricordati di Riccardo Magi, deputato radicale tornato a fare politica con il corpo alla maniera pannelliana sfidando i bestioni di nero vestiti della sicurezza del premier albanese Edi Rama con tanto di finale incontro-scontro politico con la presidente del Consiglio. “Si vergogni”. “Si vergogni lei”.

E’ stato impossibile o quasi uscire da Instagram o Tik tok tak, come lo chiamava Silvio Berlusconi. Primo caso di candidato scomparso che dopo quasi un anno rivive per due giorni nell’urna grazie alla sua Forza Italia: votare il Cav. sarà ancora possibile. Cucù. Seguono iconografiche corna all’insù. Altro che francobollo commemorativo.

Nella mai confessata paura dei partiti di non perdere quanto acquisito alle politiche e fra le pieghe del sovietico regolamento dell’Agcom, alla fine non ci sono stati confronti tv fra i leader dei principali partiti. Ma solo una serie di interminabili interviste singole, a questo o a quel capo, oscillanti fra il comizio e il cortese ma schietto corpo a corpo a seconda della bravura dell’intervistatore. L’altro giorno quando è apparsa Meloni a sorpresa nello studio del tg di La7 di Enrico Mentana molti avranno avuto un sussulto svegliandosi dal torpore. Caspita: ci sono le elezioni, si vota, fammi dare un’occhiata. Mancava la controparte.

Si voterà per simpatia o contro come sempre, alla maniera delle normali elezioni politiche. Senza merito né troppa attenzione all’Europa che verrà. Sarà un test per il governo e soprattutto per la leader di Fratelli d’Italia che ha in testa di superare quel 26 per cento del 2022, o almeno di confermarlo, stando attenta alla sorte degli alleati, Lega e Forza Italia, che nel migliore dei mondi possibili meloniani non dovrebbero né crescere né calare di botto per una questione di stabilità della baracca. Meloni si è candidata, altrettanto ha fatto Tajani, al contrario di Salvini. In questi due mesi i tre si sono presi, in un crescendo rossiniano, a calci negli stinchi. Tipo lo spettacolo andato in onda nel campo largo caratterizzato dalla scissione del Terzo polo, riecco Renzi che vuole buggerare Calenda, con il derby Pd-M5s che Schlein si prepara a vincere in carrozza, forte di un voto personale che va cercando in due circoscrizioni. Visto che Conte, l’irenico, sa già come andrà il voto: maluccio. Ma sempre qui siamo a un enorme Processo del lunedì di Biscardi molto italiano e per nulla europeo. Scusate, ma è appena uscito un video imperdibile: c’è Salvini che insulta Macron, Meloni che sfugge alle domande su Diabolik, Schlein che guarda all’indietro dalla piazza di Padova dell’ultimo comizio di Enrico Berlinguer. L’unica buona notizia, come diceva Christian De Sica in Vacanze di Natale, è che pure questa campagna elettorale ormai è alle spalle.

Di più su questi argomenti:

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d’autore.

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