Eric: un Benedict Cumberbatch disturbante

Disturbante. Questo l’aggettivo che descrive probabilmente in modo più compiuto Eric, miniserie Netflix in sei episodi disponibile dal 30 maggio. Realizzata da Abi Morgan, tra le più rilevanti sceneggiatrici di oggi che ha scritto – tra gli altri – The Iron Lady e The Hour, la serie gravita attorno al personaggio di Vincent (un sempre gigantesco Benedict Cumberbatch), burattinaio nella New York degli anni Ottanta. Lavora in una sorta di spettacolo alla Muppets Show ed è sotto pressione per cercare una nuova idea vincente.

Vincent è un uomo psicologicamente fragile – a tratti disturbato – con un’infanzia difficile alle spalle e un presente fatto di squilibri emotivi e sofferenze. Cresciuto in un contesto da maschio bianco privilegiato, con un padre imprenditore che lo ha sempre umiliato per il suo lavoro e una madre che ha tarpato la sua vena istrionica con gli psicofarmaci, Vincent non ha punti di riferimento stabili nel mondo e sfoga il suo (indomabile) squilibrio sulla moglie Cassie e il figlio Edgar. A stravolgere l’esistenza dell’uomo è la scomparsa del piccolo Edgar che una mattina mentre sta andando a scuola svanisce. Si attivano immediatamente le ricerche per ritrovarlo, sostanziate dagli investimenti economici dei nonni in tal senso, e Vincent cade in una spirale senza fine fatta di alcol e droga, distrutto dal dolore e dal senso di colpa. Comincia ad avere delle allucinazioni in cui vede Eric, il burattino disegnato da Edgar prima di scomparire e che assomiglia a Sully di Mosters&Co. Le indagini sulla scomparsa del bambino vengono condotte da Michael Ledroit, detective afroamericano omosessuale e con un compagno che sta morendo di AIDS, che parallelamente indaga sulla scomparsa di un altro bambino (questa volta nero).

La parte di indagine – linea narrativa secondaria che dà dinamismo alla storia – permette di mostrare gli squilibri sociali dell’America di quel tempo. Accanto a questi due assi portanti si sviluppano poi una serie di sottotrame che danno l’impressione di una certa compressione narrativa. C’è infatti moltissima carne al fuoco e la sensazione, vedendo la serie, è che si potesse sfrondare narrativamente e fare delle scelte più essenziali. La serie è molto ricca, di piani ed eventi, e paradossalmente questo sovraffollamento aumenta la sensazione di spaesamento e disturbo nello spettatore. È un racconto perturbante, non per tutti. Una storia che provoca e non permette distrazioni.

Qual è il tono di Eric in tre battute?

“Il tuo bisogno di distruggere me, i tuoi colleghi, il nostro bambino, è ciò che ti definisce”.

“Hai il dono di tuo padre”.

“Basta con le voci o penserò che stai impazzendo di nuovo”.

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