Così le europee fotografano uno scenario politico bloccato. Parla D’Alimonte

“Tutti, da Meloni a Schlein, si sono occupati principalmente di parlare al loro elettorato. La polarizzazione? Ha avvantaggiato sia la premier che la leader del Pd”. Colloquio con il politologo della Luiss

E’ stata una campagna elettorale tutta giocata in chiave italiana, per parlare al proprio elettorato. Altro che mettere l’Europa al centro del dibattito. Più che elezioni europee sembrano elezioni politiche di midterm”. Il politologo Roberto D’Alimonte, docente di Scienze politiche alla Luiss, fondatore del Centro italiano studi elettorali, lo ripete più volte in questo colloquio col Foglio: “La principale preoccupazione da parte di tutti gli esponenti politici è stata quella di difendere le proprie percentuali elettorali”. Quasi a fotografare uno scenario politico bloccato. “Dal mio punto di vista questa campagna elettorale doveva servire a istruire i cittadini italiani sui grandi temi europei in un momento così delicato per l’Unione e invece si è parlato più del generale Vannacci che del futuro dell’Europa. Su questo versante la nostra classe dirigente ha dimostrato pochezza e scarsa lungimiranza”.

Con il politologo della Luiss passiamo in rassegna le campagne elettorali dei principali protagonisti della politica italiana. Partiamo dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. “Queste elezioni per lei sono importanti, perché se conferma il risultato delle politiche, se fa bene, può stare tranquilla per i prossimi tre anni o almeno fino al prossimo referendum. E’ anche per questo che si è visto un po’ di nervosismo da parte sua, soprattutto in questa fase finale”. La mente corre subito ai paragoni con i grandi risultati alle europee di Matteo Salvini, nel 2019. E prima ancora di Matteo Renzi, nel 2014. “Eppure vedendo la discesa dei consensi che hanno avuto, forse non le conviene andare così bene”, scherza D’Alimonte.

Passiamo a Elly Schlein. “La segretaria del Pd ha messo al centro della sua campagna la sanità, il salario minimo. Sono temi che servono a mobilitare il proprio elettorato. Anche lei ha scelto di parlare principalmente ai suoi, con le solite parole d’ordine, per cercare di rafforzarsi al suo interno”, analizza D’Alimonte. Il quale riconosce che uno degli effetti più evidenti di questa campagna elettorale è stato l’aumento del grado di polarizzazione della competizione politica, soprattutto tra Meloni e Schlein. “Riuscire ad accreditarsi come le leader dei due fronti, in una specie di bipolarizzazione, avvantaggia sia la premier sia la segretaria del Pd, che in questo modo si rafforzano entrambe come leader dei rispettivi poli”. Il problema, forse, è che questa dinamica, come riconosce ancora D’Alimonte, “funziona nel breve periodo. Ma il lungo periodo oggi in politica non esiste, perché l’unico dato certo è la volatilità dell’elettorato”.

Quel che potrebbe accadere dopo le europee non è dato saperlo. Ma certo il referendum costituzionale sul premierato qualcosa potrebbe smuoverlo. “Ogni referendum è diverso e io credo che Meloni sia stata furba, perché ha puntato su un’unica riforma. Quella sbagliata perché avrebbe dovuto fare prima la riforma del bicameralismo insieme alla autonomia differenziata. Ma il risultato del referendum dipenderà dal momento politico in cui si svolgerà. Non credo sia scontato un esito alla Renzi: perché l’elezione diretta agli italiani piace. Certo è che se lo perde, anche qualora non si dimetta, Meloni resterebbe una premier dimezzata”. E al Pd cosa converrebbe fare giocando questa partita? “Hanno già scelto di giocarsi tutto al referendum. La riforma era certamente pasticciata inizialmente e oggi è ancora incompleta, ma francamente io non vedo certi rischi per la democrazia”. Torniamo alle europee. La polarizzazione potrebbe far aumentare l’astensione? “Secondo un’indagine della fondazione Bertelsmann l’affluenza a livello europeo dovrebbe essere intorno al 60 per cento. Secondo me sarà più bassa. In ogni caso è probabile che aumenti rispetto al 2019. Già allora aumentò di otto punti percentuali rispetto al 2014. In Italia è il contrario. Nel 2019 è diminuita e anche questa volta è probabile che diminuisca. Andiamo in controtendenza rispetto al resto della Unione”. Peserà il fatto che si vota di sabato e di domenica, con il sole e la gente che preferisce andare al mare? “Forse sì, ma non sarà di certo la ragione principale del non voto”.

  • Luca Roberto
  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.

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