Politecnico di Milano, Sapienza e Unibo tra le prime 150 università al mondo

La classifica pubblicata da Qs World University 2025 mostra segnali positivi per le università italiane, Sostenibilità e qualità dell’insegnamento sono tra i punti di forza

Ben 42 università italiane figurano nella classifica sui migliori 1500 atenei al mondo stilata da Qs World University 2025. La ricerca ha coinvolto 5600 università in 106 paesi diversi. Rispetto allo scorso anno, il 35 per cento delle università italiane ha ottenuto un posizionamento migliore, inferiore nel 43 per cento dei casi, mentre per il 21 per cento è rimasto invariato.

Il primo ateneo italiano in classifica è il Politecnico di Milano, che si assesta in 111esima posizione, scalando 16 posti rispetto allo scorso anno. Seguono L’Universita La Sapienza di Roma (132esima posizione) e l’Alma Mater di Bologna (133esima, 21 posizioni più avanti dello scorso anno, miglior risultato di sempre). Sono queste tre, dunque, le uniche università italiane tra le prime 150 al mondo.

Mentre il Politecnico ha ottenuto un punteggio alto nell’indicatore “Reputazione presso i datori di lavoro” (82esima posizione a livello mondiale), La Sapienza e Unibo si sono distinte negli indicatori “Rete di Ricerca Internazionale” – la prima, al 41 posto – e “Reputazione Accademica” – la seconda, piazzandosi al 69 posto -. Un miglioramento complessivo rispetto alle performance della classifica stilata lo scorso anno, che riflette l’impegno dedicato alla preparazione dei laureati per il mercato del lavoro ed una costante ricerca di eccellenze accademiche.

Fanno bene, anche se più in basso, anche gli atenei di Padova e Bari. UniPd, al 236 posto, punta molto sull’indicatore della “Sostenibilità, che la include tra i primi 110 classificati, sottolineandone l’efficace impegno nel promuovere pratiche sostenibili e responsabili. Il Politecnico di Bari, invece, si colloca al 580esimo posto.

Infine, 34 delle università prese in considerano rientrano tra le prime 700 al mondo per “International Research Network“, ovvero l’indicatore che analizza il volume e la diversità delle collaborazioni di ricerca internazionali. Tra il 2018 e il 2023, infatti, molte ricerche (il 47 per cento) sono state condotte assieme a partner internazionali, l’8 per cento in più rispetto alla media europea. I principali collaboratori dell’Italia sono gli Stati Uniti, oltre ai tradizionali Regno Unito, Germania, Francia e Spagna. Al di fuori dell’Europa, invece, il nostro paese sfrutta le capacità intellettuali di paesi come Cina, Canada, Australia, Brasile e Giappone. Argomento, quest’ultimo, molto interessante e di grande attualità, data la volontà – da parte di molti poli accademici – di sospendere qualsiasi tipo di collaborazione con Israele.

Leave a comment

Your email address will not be published.