Svolta in arrivo tra Cdp, Open Fiber e le banche

Secondo quanto risulta al Foglio la rete unica si farà. La trattativa tra le aziende e le banche creditrici, una trentina in tutto, per trovare la quadra sul finanziamento di almeno 2 miliardi necessario per garantire il prosieguo delle attività, sarebbe in dirittura d’arrivo

Il via libera dell’Antitrust alla cessione della rete Telecom a Kkr sta avendo come effetto collaterale di accelerare il progetto per la creazione della rete unica nazionale, considerato strategico dal Mef guidato da Giancarlo Giorgetti. Tale prospettiva, apparsa finora più fantasiosa che reale, diventa a questo punto più concreta con l’effetto di influenzare positivamente il negoziato per la ristrutturazione finanziaria di Open Fiber, la società della fibra ottica controllata da Cdp e con Macquarie azionista di minoranza. Secondo quanto risulta al Foglio, la trattativa tra l’azienda e le banche creditrici, una trentina in tutto, per trovare la quadra sul finanziamento di almeno 2 miliardi necessario per garantire il prosieguo delle attività, sarebbe in dirittura d’arrivo.

Dopo settimane di stop and go, l’annuncio dell’accordo potrebbe arrivare per metà della prossima settimana. La ristrutturazione finanziaria di Open Fiber rappresenta una condizione indispensabile per arrivare a una fusione della società con la rete fissa di Telecom che sta per essere ceduta a Kkr ma di cui il Mef sarà azionista al 15-20 per cento (con il Fondo F2i, il fronte dei soci italiani arriverà vicino al 30 per cento). Quando, infatti, il ministro Giorgetti, parla di “successo della strategia italiana” non si riferisce solo al deal con il fondo americano, che pure alleggerisce l’ex monopolista di 14 miliardi di debiti, ma al fatto che da oggi si apre concretamente la strada per aggregare in futuro anche la rete in fibra ottica creando un’infrastruttura unica.

L’opzione della fusione con Open Fiber fa parte, infatti, degli accordi di Telecom con Kkr tant’è che il prezzo di vendita della rete è stato stimato “fino” a 22 miliardi. Vuol dire che 18,8 miliardi è il valore intriseco dell’asset e la restante parte è rappresentata dai cosiddetti “earn out” vale a dire i proventi che Telecom potrà incassare solo quando avverrà la fusione con Open Fiber. Uno schema complesso, la cui efficacia è tutta ancora da verificare, ma che potrebbe rivelarsi un apripista a livello europeo.

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