Primarie su primarie alle europee

I tormenti di Giorgia Meloni, Carlo Calenda, Matteo Renzi ed Elly Schlein verso il voto dell’8 e 9 giugno 2024

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Le europee della prossima settimana offriranno molti spunti per riflettere su ciò che succederà, al di là del voto europeo, quando le urne saranno chiuse. Conterà quanto prenderanno i partiti, ma conterà molto anche quanto prenderanno alcuni dei candidati alle europee. Sfide su sfide. La prima: Giorgia Meloni vuole arrivare almeno a quota un milione di preferenze, provando ad avvicinarsi il più possibile ai due milioni ottenuti da Matteo Salvini nel 2019. La seconda: Matteo Renzi punta a dimostrare di avere più consenso personale di Carlo Calenda e sarà interessante vedere chi tra i due candidati avrà più preferenze sulle schede elettorali. La terza: Elly Schlein, leader del Pd, punta a migliorare il risultato ottenuto dal Pd nel 2022, 19 per cento, ma punta soprattutto a evitare che un’eventuale buona prestazione del Pd, non improbabile, possa essere attribuita al consenso dei molti riformisti del Pd candidati in mezza Italia. Volti come Giorgio Gori, Dario Nardella, Stefano Bonaccini, Antonio Decaro. Obiettivo di Schlein: far crescere il più possibile i consensi dei suoi candidati (Cecilia Strada, Marco Tarquinio, Eleonora Evi) e dimostrare che il motore del Pd non è il vecchio partito ma la nuova guida. Problema: ma se i candidati vicini a Schlein, tutti poco propensi a sostenere l’Ucraina, dovessero andare molto bene, cambierebbe anche la linea del Pd in politica estera? Tarquinio, in settimana, ha detto che l’Italia dovrebbe uscire dalla Nato. Nuovo corso o corso passeggero? Chissà.

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