L’arte come atto di cura. La versione di Lulù Nuti

Lavorare con materiali di scarto, “il grande punto interrogativo ella società contemporanea, e quindi una delle cose più proiettate nel futuro”

Fauna d’arte è una ricognizione intergenerazionale sugli artisti attivi in Italia. Ci facciamo guidare nei loro studi per conoscere dalla loro voce le opere e i modi di lavorare e per capire i loro sguardi sull’attualità. Il titolo si ispira a una sezione di Weekend Postmoderno (1990), il romanzo critico con cui Pier Vittorio Tondelli ha documentato un decennio di cultura e società italiana. A differenza del giornalismo e della saggistica di settore, grazie a “Fauna d’arte”, Tondelli proponeva uno sguardo sull’arte contemporanea accessibile e aperto, interessato a raccontare non solo le opere ma anche le persone, il loro modo di vivere dentro l’arte.

Oggi questo approccio ci permette ancora di parlare degli artisti, ma in futuro anche delle altre figure professionali come critici e curatori, galleristi e collezionisti, con lo scopo di restituire la complessità di un sistema attraverso frammenti di realtà individuali.


Nome: Lulù Nuti

Luogo e data di nascita: Levallois-Perret (Paris, Francia) 1988

Galleria di riferimento e contatti social:

Instagram

sito web

GALERIE CHLOE SALGADO (Paris, FR)

RENATA FABBRI (Milano, IT)

L’intervista

Intervista in collaborazione con Giulia Bianchi

Quali sono i tuoi riferimenti visivi e teorici?

Nella schiuma dei giorni di Boris Vian, lo spazio si restringe, si allarga, si incupisce o si illumina a seconda di ciò che accade ai protagonisti. È uno dei primi romanzi che mi ha profondamente marcata.

Questo rapporto tra linguaggio e visione, l’ho poi ritrovato nei libri di Gaston Bachelard – specialmente La poétique de l’espace e L’eau et les rêves o in registi come Akira Kurosawa e Antonioni.

Cosa ti spinge a lavorare con materiali di scarto e naturali?

In essi è custodita la memoria del tutto di cui sono stati parte. Sotto-intendono un bivio, che secondo me è l’immagine del tempo in cui viviamo: un’orizzonte-bilancia dove gli eventi sono intrinsecamente legati al rapporto che abbiamo con la materia, un rapporto che lo fa basculare e ne cambia quindi non solo la direzione, ma la velocità di percorso.

Gli scarti sono figli di una reazione, di una scelta, che ha implicato cambiamento di forma e di funzione.

Nella società contemporanea lo scarto è il grande punto interrogativo, e quindi è forse una delle cose più proiettate nel futuro.

In che modo hai iniziato a fare l’artista?

A cinque anni volevo tantissimo un cane. I miei genitori erano contrari.

Ogni mattina, per settimane, disegnavo un arcobaleno e sotto un cane.

Un giorno mio padre è tornato da un lungo viaggio con una scatola forata. E dentro un bracco.

L’ho chiamato “Virgolo”.

Qual è la funzione dell’arte oggi?

Alla luce della risposta precedente, credo che l’Arte abbia il potere di plasmare la realtà.

Ad oggi, penso che tra tante funzioni e non-funzioni, possa essere un atto di cura.

La cura sotto-intende fiducia, ascolto e responsabilità.

Come la sensibilità ambientale e il tema dell’Antropocene influenzano la tua pratica artistica?

Quotidianamente. Come scultrice la questione del sovra-carico di materia nel mondo è essenziale e il mio lavoro si fonda sulla consapevolezza che un gesto puo’ riverberare nel tempo e cambiare il corso degli eventi. Il mio è un terreno di indagine in cui il pensiero e l’azione sono intimamente legati: l’economia dei mezzi è la ricerca stessa.

Se sono responsabile di ogni “oggetto” che metto al mondo, quell’oggetto deve essere, in qualche modo, essenziale.

L’Antropocene porta con sé una visione del mondo molto più animista, in forte contrasto con la società consumistica degli anni 90’ in cui sono cresciuta.

Sapere che un oggetto per arrivare a me percorra chilometri mi affascina e mi spaventa. E per questo, mi ispira.

Com’è organizzata la tua giornata?

Di giorno organizzo e reperisco i materiali, perché lavoro di notte.

Che cos’è per te lo studio d’artista?

Lo studio è intimità: un luogo di liberazione e sofferenza.

Alcuni lavori a studio sembrano senza difese: mi capita di vederli goffi nello spazio, amputati dal luogo per cui sono stati pensati.

In che modo affronti il tema della memoria e del ricordo nelle tue opere?

Per me le sculture sono delle capsule del tempo, è quindi intrinseca al lavoro l’idea di memoria futura del mondo presente. La memoria forma a-traverso il gesto e a sua volta la forma in-forma chi osserva.

A studio porto avanti un dialogo con alcuni materiali, come il cemento, il ferro ma anche fiori o oggetti della vita quotidiana (in questo momento sto lavorando con degli zerbini). Per tirare fuori un loro punto di vista, una loro identità, che nel loro uso quotidiano non viene percepito. Per fare questo la memoria è essenziale, la memoria come bagaglio di conoscenza, come residuo, scarto appunto, delle esperienze vissute.

In quei momenti, la mia memoria e quella del lavoro si fondono e dal loro incontro, se tutto va bene, nasce un’opera.

Nella mia pratica di disegno è invece il ricordo che è essenziale. Antonioni diceva che se prova a ricordarsi di un momento, non sono parole che gli vengono in mente ma una polvere colorata. Questa visione del tempo e del ricordo Bergsoniana mi ha profondamente marcata. Quando un ricordo arriva dirompente, come una nube, cerco di fermarlo su carta: questo è un modo di fermare il tempo e di condividerlo con gli altri, in quanto, non è esprimibile a parole.

A che cosa stai lavorando?

A giugno avrò due mostre su cui ho lavorato molto negli ultimi mesi. La prima fa parte di Una Boccata d’Arte, progetto di Fondazione Elpis in collaborazione con Galleria Continua. É un intervento all’aperto a Motta Filocastro, in Calabria, che inaugurerà il 23 giugno. Il lavoro, intitolato “È tutto vero”, a cura di Vincenzo Costantino, si concentra su una caratteristica comune dei piccoli centri e della provincia, dove lo spazio pubblico viene vissuto come spazio intimo, ma condiviso.

A Motta Filocastro questo aspetto trova la sua massima espressione per via della sua posizione geografica, storica e urbanistica, che tuttora influenzano le abitudini dei suoi abitanti.

La seconda nasce da un progetto a cura di Spazio Taverna in collaborazione con l’Osservatorio Gravitazionale Europeo, EGO e il laboratorio CAOS dell’Università di Perugia e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). L’inaugurazione è prevista per il 28 giugno a Palazzo Collicola, in concomitanza con l’apertura del Festival dei due Mondi.

Le opere

Facciamo lievitare il tempo

Mio padre

Lulù Nuti

ORIZZONTI, 2020

ottone, ferro e rame forgiati, dimensioni variabili, qui 150x630cm

Realizzato in seguito alla residenza “The owner’s cabin” ed esposto nella mostra “La Musée”, Galerie Italienne, Parigi, 2020

Courtesy Lulù Nuti e Galerie Italienne

Collezione La Gaia, Torino

C’est la part du feu

Nonna Lola

Lulù Nuti

Autoproduction, 2021 e Sans Horizon, 2021

Scarti della serie Calcare il Mondo; gesso, cemento, colla da piastrelle, schiuma, carta stampata, 20.5x21x100cm, e rame forgiato, dimensioni variabili, qui 107.5x419cm

Vista della mostra personale “Terrain Amère”, GALERIE CHLOE SALGADO, 2021

Courtesy Lulù Nuti e GALERIE CHLOE SALGADO

Foto Grégory Copitet

Certo che puoi chiamarti Giulia, o Maria, o Désirée, o Lulù. Questo è un teatro e tu decidi che personaggio essere

Un professore

Lulù Nuti

Mouvants au soir, 2021

Pastello e carboncino su carta, legno, 438×130 cm

Vista della mostra personale Terrain Amère, GALERIE CHLOE SALGADO, 2021

Courtesy Lulù Nuti e GALERIE CHLOE SALGADO

Foto Grégory Copitet

Come t’encazzi te scazzi

Mio marito

Lulù Nuti

UNTITLED (CUBO) , 2017

Calcare il Mondo in due parti, cemento, pigmenti, 34x34x16cm

Courtesy Lulù Nuti e GALERIE CHLOE SALGADO

Foto Benoît Soler

Aveva difficoltà con la materialità del mondo

Mia madre

Lulù Nuti

BEYOND OUR CONTROL III (Coupole)

2017

Mondo esplode mentre si calca, cemento, pigmenti, 36x35x16cm

Vista della mostra Calcare il Mondo, GALERIE CHLOE SALGADO, Parigi, 2018

Courtesy Lulù Nuti e GALERIE CHLOE SALGADO

Foto Benoît Soler

Pensati anziana, con le gambe stanche e la vita piena, e poi, parlati

Sophie

Lulù Nuti

MOULER LE MONDE EN SEPT PARTIES (moon world)

2017

Cemento, pigmenti, ferro

39×270 cm (dimensioni variabili)

CALCARE IL MONDO, GALERIE CHLOE SALGADO, Paris, 2018

Foto Alessandro Vasari

Ogni volta che esponi una scultura, stai occupando lo spazio vitale di qualcos’altro

Elsa

Lulù Nuti

Fin dove si stende la vista, qui regna l’attimo

2022

bronzo, motore, intelligenza artificiale

170x40x15cm

Installazione site-specific per “Art Crossing, riattivare il genius loci” curata da Spazio Taverna, Parco dell’Appia Antica, Roma, 2022

Courtesy Lulù Nuti

Foto Giuliano Del Gatto

La morte non esiste

Mio fratello e suo fratello

Lulù Nuti

TORNEREMO ANCORA

2023

Colla da piastrelle, resina, acqua

400 x 400 x 60 cm

IMAGINA, Biennale di Gubbio a cura di Spazio Taverna, Palazzo Ducale, Gubbio, Italia

Foto Giampaolo Pauselli

Non conta il soggetto ma la linea

Un sogno

Lulù Nuti

Danzante Dormiente

2022

Ferro forgiato, fontana del cortile dell’Accademia Nazionale di San Luca

300x55x5 cm

2024

RIFRAZIONI, su invito di Stefano Chiodi, Accademia Nazionale di San Luca, Roma, 2024

Foto Andrea Veneri

Everytime you make a choice you loose something

Un marinaio

Lulù Nuti

Titolo Sospeso (Radicanti)

2022

Foglie in rame galvanizzate e tubi industriali in acciaio, 6 elementi 350x4cm

Opera ambientale realizzata per la mostra “Ante Operam”, Palazzo Marescalchi Belli, a cura di Piano Bi, Roma, 2022

Courtesy Lulù Nuti e Renata Fabbri

Foto Eleonora Cerri Pecorella

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