La scuola come servizio. Ripensare il ruolo dell’istituzione (e dell’istruzione)

La missione quotidiana di una preside dove lo stato non arriva. “Domani c’è scuola” (Mondadori) ripercorre l’esperienza professionale e umana di Antonella di Bartolo: diciassette anni dietro la cattedra e poi undici da dirigente scolastica in una delle zone più complesse e contraddittorie d’Italia

La storia di Antonella Di Bartolo inizia con una passione, quella dell’insegnamento. Una laurea in Lingue e letterature straniere e poi l’accesso al mondo della scuola con le difficoltà che accompagnano questo percorso. Diciassette anni dietro la cattedra, cambiando istituto e grado di scuola nel corso degli anni. La passione è tale se cresce, si approfondisce e prende sempre più spazio nella vita. In quella della Di Bartolo, diventa una vera e propria missione: fare il dirigente scolastico. Un esame preparato nei ritagli di tempo che lavoro e famiglia occupano in maniera pressante.

La vittoria del concorso e il primo mandato presso l’Istituto Sperone-Pertini a Palermo. “Condoglianze” si sente dire nell’estate del 2013 quando firma il suo primo contratto dirigenziale. Questi undici anni in una delle zone più complesse e contraddittorie d’Italia sono diventate un libro, Domani c’è scuola edito da Mondadori. “Ho raccontato in prima persona – ci dice la Di Bartolo – che cosa fa un gruppo di persone, non solo io, partendo dall’interno della scuola per arrivare a coinvolgere un intero quartiere”. La Di Bartolo ama definire la sua una “scuola di comunità” dove non solo il professore ma anche il fruttivendolo hanno un ruolo decisivo, all’interno di un quartiere “cupo – continua la dirigente – dove una minoranza costringe i bambini ad andare a scuola con gli occhi bassi per non essere testimoni del continuo spaccio di droga. Bambini che non possono spostarsi da soli, si rende conto? Questo è profondamente ingiusto”.

Dopo lo sconforto iniziale, la neo dirigente prende in mano la situazione e inizia a combattere la prima piaga che affligge la zona: la dispersione scolastica. “Cifre spaventose che erano diventate la normalità. Ci si può abituare al fatto che bambini e ragazzi non vengano a scuola? Sì, può diventare la normalità”. Inizia un porta a porta per rifondare l’istituto, partendo dalla scuola dell’infanzia. Di Bartolo non trascorre i suoi primi giorni da “preside” dietro a una scrivania, con la bandiera tricolore alle spalle; cammina per le vie del quartiere, portando metaforicamente quella bandiera dello stato tra le persone. Invita i figli del panettiere, discute con le giovani mamme. Si fa indicare le situazioni più dolorose e intricate. Lei porta lo stato dove lo stato ancora non arriva. “Noi facciamo giustamente memoria dei martiri della mafia ma ci sono luoghi in cui lo stato non entra abbastanza”.


Per cambiare una mentalità diventata ormai costume, abitudine, “vita”, a volte occorre battere i pugni sul tavolo; confrontarsi con i poteri forti e di conseguenza prendere decisioni forti, rischiando sulla propria pelle. Di Bartolo fa così, dialogando con le istituzioni, incontrando persone, coinvolgendo genitori e professori. “Nei miei anni di docenza ho sofferto quei dirigenti burocrati (seppur la burocrazia serva), staccati dal territorio. Ho imparato a coinvolgere tutti per creare una scuola fatta per gli studenti e per la comunità. La scuola non serve a dare un posto di lavoro a un docente. La scuola nasce per essere al servizio”.

Un servizio, il suo, attivo anche quattordici ore al giorno con telefonate di notte, segnalazioni di situazioni di degrado da affrontare. E poi le idee, i concorsi, l’entusiasmo e i momenti di sconforto leniti guardando il mare. Non manca nulla allo Sperone-Pertini, se ne accorge anche il cantante Cesare Cremonini che nei giorni in cui presenta il singolo “La ragazza del futuro” inaugura nel quartiere un gigantesco murales che ritrae il viso di una bambina della scuola. Un interesse nato dal clamore che l’attività della Di Bartolo suscita ormai a livello nazionale.


Non bastano poche righe per raccontare che cosa è successo in questi anni; anche il suo libro è solo un assaggio di quanta vita cresce in questo angolo di Palermo. “Venga a trovarci – ci dice – così vede che quartiere meraviglioso e parliamo anche dell’enorme retorica che avvolge la scuola italiana”. Anche questa è una piaga: chissà se Antonella Di Bartolo riuscirà a curarla.

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