Il “sì” di Biden sulle armi oltreconfine cambia molto per Kyiv e poco per Putin, che era già “in guerra con la Nato”

Putin continua ad ammassare truppe davanti alle regioni libere ucraine: ora che gli Stati Uniti hanno autorizzato Kyiv a colpire in Russia con armi americane, deve riconsiderare i piani

Joe Biden ha autorizzato Kyiv a usare le armi americane per difendersi dagli attacchi russi soprattutto nella regione di Kharkiv – dove ieri altri sei civili sono stati uccisi dalle bombe – e quindi a colpire i sistemi missilistici e i bombardieri di Mosca oltre il confine, in Russia. Il perimetro delle nuove regole è: si possono mettere nel mirino le armi con cui l’esercito di Vladimir Putin spara contro l’Ucraina da postazioni vicine alla frontiera, non si possono usare i missili a lungo raggio americani – gli Atacms che hanno una gittata di trecento chilometri – per colpire in profondità nel territorio russo. Le nuove regole annunciate dai funzionari degli Stati Uniti giovedì sono già in vigore. E anche se Putin dà del “demente” al segretario generale dell’Alleanza atlantica Jens Stoltenberg, sa che l’autodifesa prevista dal diritto internazionale comprende la possibilità di colpire le postazioni di lancio da cui partono gli attacchi oltre i propri confini e fuori dal perimetro del paese aggredito – come ha ribadito ieri Stoltenberg al vertice di Praga, dove ha detto che: “Il futuro dell’Ucraina è nella Nato e noi accorceremo il percorso”.

I mezzi per il trasporto truppe americani Humvee e gli elicotteri Blackhawk sono già stati avvistati nella regione russa di Belgorod in passato e gli ucraini avevano già tentato di usare la contraerea degli Stati Uniti per proteggere Kharkiv, puntandola in direzione degli aerei che sganciano bombe contro la città senza mai uscire dallo spazio aereo russo dove si sentivano protetti, e da dove – con presunzione d’impunità – erano incentivati a bombardare di più. Ieri Dmitri Peskov, il portavoce del Cremlino, ha risposto indirettamente agli allarmisti in occidente così: “Noi sappiamo che ci sono già stati tentativi di colpire il territorio russo con armi di fabbricazione americana. Questo ci basta e dimostra la misura in cui gli Stati Uniti sono già coinvolti”. Dopotutto la strategia propagandistica di Putin – che non può e non vuole ammettere di non essere riuscito a vincere, dopo due anni e mezzo, contro un nemico che ha definito un “non popolo”, gli ucraini – è quella di ripetere a ogni occasione da oltre un anno che lui è in guerra con un avversario molto più potente e temibile, la Nato intera.

Quando il patriarca Kirill, l’uomo che vorrebbe dare una copertura morale alla violenza russa, all’inizio dell’invasione disse “questa è una guerra contro la lobby gay”, mise in chiaro fin da subito quale fosse la cornice del conflitto dal punto di vista del Cremlino: una guerra contro l’occidente decadente e destinato alla sconfitta, sconfitta che un uomo forte e aggressivo come Putin era in grado di accelerare. Il presidente degli Stati Uniti sta aiutando un paese aggredito a difendersi e dice di non essere in guerra con la Russia, il presidente russo ha aggredito il vicino e dice di essere in guerra con la Nato. Il “sì” di Biden all’uso degli aiuti militari americani oltre il confine soltanto per colpire le armi che sparano contro l’Ucraina cambia poco per la percezione di Putin, come ha detto ieri il suo portavoce, e cambia molto per Kyiv. Il presidente Zelensky ha fatto vedere ai leader europei, al segretario della Nato e all’Amministrazione americana le immagini satellitari che mostrano un nuovo ammassamento di truppe oltre la frontiera e ha detto: se non ci permettete di fermarli, ci sarà un’altra invasione – probabilmente nella regione (libera) di Sumy – con combattimenti brutali come quella cominciata il 10 maggio nella regione di Kharkiv (che per un anno e fino a venti giorni fa è stata libera), che avevamo previsto ma che non ci avete permesso di provare a impedire. L’autorizzazione di Biden induce Putin a riconsiderare qualsiasi concentrazione di soldati al di là del confine, perché può diventare un bersaglio, perché l’impunità non è più garantita.

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