Comunicazione, linguaggio, obiettivi. Che cosa è cambiato in Bankitalia con l’arrivo di Panetta

Perché le “considerazioni” del governatore svelano un passo più politico di Bankitalia. E con il nuovo governatore lo stile comunicativo è più diretto, facile da capire, assertiva

Buona la prima? Fabio Panetta non è certo un debuttante, tanto meno sulla scena di Palazzo Koch, tuttavia le sue prime “considerazioni finali” come governatore suscitavano attesa e curiosità. Chi pensava (ingenuamente) a rotture, sarà rimasto deluso. La Banca d’Italia è una struttura solida, oggi si direbbe resiliente; a quante relazioni avrà lavorato nei suoi anni in Via Nazionale? Alcuni dei temi trattati sono in continuità con il passato, dall’Europa (la citazione finale del Rapporto Delors non è una scorciatoia retorica) al libero commercio, dalla concorrenza al pensiero dominante degli ultimi anni.

Cioè la produttività, quella del lavoro non solo quella del sistema. La novità semmai è nello stile e nel linguaggio: diretto, facile da capire e da tradurre (pensando alla versione inglese che viene distribuita insieme a quella italiana), talvolta assertivo. Basta leggere il terzultimo capitolo: “L’agenda è chiara e può essere realizzata. E va realizzata per tornare a crescere e per contare in Europa, e con l’Europa contare nel mondo”. Il “posto al sole” dell’Italia è questo qua.


In che cosa consiste l’agenda? Semplifichiamo anche noi adattandoci allo stil novo. Cinque sono i punti fondamentali: la produttività, la tecnologia, il capitale umano, la prudenza fiscale e lo sviluppo. Tutto si tiene anche la politica di bilancio che dovrà favorire l’innovazione, imprimendo così un impulso alla crescita che, nonostante sia stata superiore alla media europea negli ultimi quattro anni, resta troppo fiacca così che il reddito pro capite viene schiacciato in basso.

“I mutamenti indotti dall’intelligenza artificiale riguarderanno due lavoratori su tre”, l’impatto sarà nell’insieme positivo, ma “nella fase di transizione servirà accompagnare i lavoratori nella riqualificazione o facilitarne il ricollocamento”. Panetta non parla solo dell’Italia. Le sue considerazioni contengono un figura eloquente che mostra come il pil dell’Europa a partire dal 2010 abbia accumulato un ritardo di 20 punti percentuali rispetto agli Stati Uniti e sia stato raggiunto dalla Cina (le tabelle insieme al testo sono una delle innovazioni grafiche, così come le note finali che non solo spiegano, ma approfondiscono). La differenza di stile si vede anche nei rapporti quotidiani, racconta chi ha lavorato e lavora con lui.

Se una cosa va bene l’apprezza subito, se non va lo dice senza giri di parole. Anche per questo molti si aspettavano che il governatore entrasse più nel merito di due questioni chiave: la politica monetaria della Bce e la politica di bilancio italiana. Il Superbonus viene evocato come “agevolazioni generosissime”, ma per la crescita hanno fatto di più gli incentivi agli investimenti e le esportazioni (un vero boom). La prudenza di Panetta si spiega forse con due vincoli esterni: nessun governatore parla dei tassi alla vigilia del consiglio della Bce (si riunisce giovedì prossimo); è fair play istituzionale tenersi fuori da eventuali polemiche a otto giorni dalle elezioni. In ogni caso sul costo del denaro non ha taciuto: “Nei prossimi mesi si profila un allentamento” grazie a una “riduzione eccezionale per dimensione e rapidità” dell’inflazione (compresa la componente di fondo che esclude dall’indice energia e generi alimentari freschi).

“Ora dobbiamo però evitare che la politica monetaria diventi eccessivamente restrittiva”. Il governatore ha ricordato che, nonostante una riduzione prevista di 60 punti base (0,6 per cento) durante l’anno, i rendimenti reali restano superiori “a qualsiasi stima plausibile del tasso d’interesse naturale” cioè compatibile con la crescita e la stabilità (un concetto che risale all’economista svedese Knut Wicksell il quale lo ha formulato nel 1898). Alla politica fiscale Panetta ha dedicato poche parole: “Affrontare il problema del debito richiede un piano credibile volto a realizzare un graduale miglioramento dei conti pubblici”, orientando la spesa in favore della crescita. Un approccio di medio periodo che (implicitamente) non prevede manovre straordinarie. Lo stesso atteggiamento che va seguìto nell’applicare le nuove regole europee verso le quali non ha nascosto la sua insoddisfazione: “La recente riforma non ha segnato particolari progressi” in direzione di una politica di bilancio comune. Il governatore doveva e poteva essere più esplicito? Al banchiere centrale spetta porre i problemi, le soluzioni toccano ai governi, commenta un analista di lungo corso. In ogni caso, “l’agenda è chiara”.

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