Quando l’Antitrust funziona. Così l’italiana Newlat ha potuto comprare la britannica Princes

Tutto è iniziato quando la Parmalat dovette cedere l’azienda su indicazione dell’autorità. L’imprenditore Angelo Mastrolia ripercorre la storia di un successo tricolore

Spesso si sente ripetere che regole antitrust troppo restrittive rappresentano un ostacolo alla creazione di “campioni europei”. Ma per un imprenditore come Angelo Mastrolia, l’Antitrust è stata una benedizione. “Grazie al fatto che nel 2008 l’autorità impose alla Parmalat di cedere la controllata Newlat ho potuto creare un polo alimentare tutto italiano”, racconta al Foglio. Mastrolia è il presidente di Newlat Food, gruppo quotato in Borsa e conosciuto per i marchi Giglio, Polenghi Lombardo, Del Verde, che ha appena annunciato di aver comprato per 700 milioni di sterline (di cui 650 milioni in contanti) il 100 per cento della concorrente Princes Limited, azienda-bandiera del Regno Unito, fondata a Liverpool nel 1880 e in anni recenti entrata nell’orbita della Mitsubishi Corporation.


Il salto dimensionale per la Newlat è da manuale e al telefono Mastrolia, originario di una famiglia di imprenditori agroalimentari di Salerno da tre generazioni, è un fiume in piena perché, dice, “non capita spesso che a fare queste operazioni siano italiani e oggi sono molto orgoglioso di questo, anche se abbiamo deciso di dare il nome inglese alla nuova realtà: lo dobbiamo alla loro storia e alla speciale relazione che la Princes ha da sempre con gli Stati Uniti, mercato di sbocco per noi rilevante”. Dall’aggregazione, infatti, nasce la New Princes Group, multinazionale “tascabile” a trazione tricolore con 2,8 miliardi di fatturato e l’obiettivo di raggiungere 5 miliardi entro il 2030.



A proposito di storia, quella della Newlat ha avuto un esordio quasi surreale e vale la pena ricordarla. Era il 2008, Parmalat usciva dal grande crac generato dalla gestione di Calisto Tanzi e sotto la guida commissario straordinario Enrico Bondi cercava di rimettersi in piedi, ma aveva un perimetro troppo ampio, secondo i parametri della libera concorrenza. Lì cominciò una storia nella storia. Bondi fu chiamato dall’Autorità del settore per sentirsi notificare la richiesta di vendita “urgente” della Newlat, pena una multa di 20 milioni di euro. Era successo che in precedenza Tanzi, nel tentativo di mettersi in regola con le quote di mercato del latte, aveva solo simulato la cessione della Newlat a terzi, ma poi scoperto l’inganno, l’Antitrust, che non voleva sentire ragioni nonostante quella della cessione di alcuni asset non fosse esattamente la priorità della Parmalat che aveva altri grattacapi da gestire, tornava a bomba con Bondi intimandogli di procedere con la cessione a patto che l’acquirente fosse un imprenditore del settore. Così la Newlat fu ceduta per un 1 euro a Mastrolia che ricevette anche una “dote” di 8 milioni per rilanciare il polo del latte nato a Reggio Emilia.



“Questa storia è documentata nei minimi dettagli nei bollettini dell’Antitrust che tutti possono consultare – dice l’imprenditore –. Io poi mi sono rimboccato le maniche e in tredici o quattordici anni ho fatto crescere la società soprattutto attraverso acquisizioni di brand rinomati come lo storico stabilimento Buitoni di San Sepolcro. Oggi sono contento, guardo al futuro, ma ho un rimpianto”. Quale? “Posso dirlo con serenità perché è passato tanto tempo: ho il rimpianto che la proprietà di un’azienda come la Parmalat sia poi finita in mani estere. Io e diversi altri imprenditori, eravamo una decina in tutto, a un certo punto fummo chiamati da Bondi e da alcune banche per cercare di mettere in piedi una cordata. Ma non fu possibile e la Parmalat fu venduta ai francesi, aveva in cassa 1,9 miliardi di liquidità, i proventi delle revocatorie con le banche d’affari americane che Bondi era riuscito a portare avanti. Ecco, quello è stato uno di quei momenti in cui il sistema paese non ha proprio funzionato”.



Il caso vuole, però, che una costola di Parmalat che non rientrò in quella vendita, la Newlat appunto, si è sviluppata a livello internazionale mantenendo le radici Italia. L’operazione Princes, tra l’altro, è piaciuta al mercato. Ieri il titolo Newlat ha guadagnato oltre il 10 per cento con gli analisti di Intesa Sanpaolo che hanno sottolineato come il nuovo gruppo raddoppierà la sua offerta di prodotti “diventando una delle principali aziende multimarca nel settore alimentare in Europa” e come potrà diventare “un attore chiave” nell’industria alimentare negli Stati Uniti. Anche questa volta le autorità antitrust dovranno pronunciarsi, ma in Italia e in Europa si respira un’altra aria in tema di aggregazioni mentre la presidenza del Consiglio ha già fatto sapere che l’operazione Newlat-Princes non rientra nell’ambito di applicazione del golden power.

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