Noi che ridevamo pensando alla naja

Il richiamo alle armi dei nati nel 1999 getta nell’angoscia le madri ucraine. La memoria di un passato di pace contrasta con la realtà di oggi, dove i giovani devono partire per il fronte. Lettera da un brutto sogno

19 maggio, in Ucraina l’età per la chiamata alle armi scende: partono quelli di venticinque anni. Quelli del 1999. Devono partire. Alcuni fuggono – smarriti, sbalorditi disertori.



Immediatamente penso a un mio figlio, al più giovane – ai suoi occhi. Partono quelli come lui. Chiamati. Non so come le loro madri facciano a salutarli. Credo che il crepacuore mini molte donne, nel silenzio delle case rimaste vuote.



Leva del ’99, alle armi. Via, dev’essere solo un brutto sogno. In due anni, il mondo mi si è ribaltato sotto ai piedi. Ridevano, i miei figli, ai racconti della naja del padre – il quale peraltro a stento aveva imparato a impugnare un fucile. Ridevano, come di qualcosa che è finito per sempre.


Mi pare, anche, ora, di sentire una remota eco, dall’aula di musica di una scuola elementare – una grande, pacifica scuola, anni Sessanta, le aule gremite di bambini. Però le maestre ancora ci facevano cantare canzoni guerresche, di memoria popolare. “Addio, mia bella, addio / l’armata se ne va / e se non partissi anch’io / sarebbe una viltà…”. Quel “viltaaà”, trascinato nelle voci bianche di trenta bambini, come un gioco. Non capivamo nemmeno cosa dicevamo. Fuori, in questa stagione fiorivano i primi tigli – profumo di fine della scuola.



Né noi né i nostri figli siamo cresciuti nella ipotesi, nemmeno remota, di andare al fronte. E credo nemmeno i ragazzi ucraini – “ragazzi del ’99”, ancora. Mio padre sì, lui ne era consapevole. Suo padre nel 1915 era partito per il Piave: così che lui trovò naturale andare, alpino, in Grecia. Poi, in Russia.



Ho una foto in cui è seduto sugli scalini di un vagone della tradotta in partenza. Sorride quel ragazzo, mentre accarezza un cagnolino senza collare. Mio Dio, papà, ma non sapevi dove andavi? (Tua madre, lo sapeva. E quanto ogni mattina, ogni sera, cocciutamente pregava).


La mia generazione di madri non è cresciuta in una simile prospettiva. Non la regge. E sento anche un vocio di feet on the ground di eserciti europei.



Avverto come l’istinto di cambiare programma tv, quando qualcosa che vedi è intollerabile. Ma non c’è un telecomando, per spegnere questo canale.

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