L’inganno di Raisi, che usò l’impeto anticorruzione per reprimere il dissenso

Il dilemma della successione e i nomi che sostituiranno i componenti del governo morti nell’incidente in elicottero: il neopresidente ben noto a Mosca, il neoministro degli Esteri ben noto in Europa, e l’ultimo uomo a vedere vivo Raisi

Il presidente iraniano Ebrahim Raisi è morto dopo che un elicottero che trasportava lui e altri funzionari si è schiantato domenica in “condizioni meteorologiche avverse” nella provincia dell’Azerbaigian orientale. Raisi, 63 anni, era considerato da molti un protetto e un confidente fidato della Guida suprema iraniana, l’85enne ayatollah Ali Khamenei. Raisi è stato eletto presidente nel 2021 dopo una carriera da ultraconservatore nella magistratura iraniana. Era stato visto come un potenziale successore di Khamenei. In tre anni di presidenza, Raisi ha supervisionato un inasprimento delle leggi che regolano l’abbigliamento femminile, una repressione mortale delle proteste antigovernative, gli sforzi per espandere l’influenza regionale dell’Iran e, quest’anno, il primo attacco diretto del paese contro Israele.

L’ascesa attraverso il sistema giudiziario

Raisi è stato un punto fermo dell’establishment iraniano della linea dura sin dalla sua giovinezza. È nato nella città di Mashhad, nel nord-est dell’Iran, ed era adolescente all’inizio della rivoluzione iraniana. A vent’anni è stato nominato procuratore della città di Karaj. Negli anni successivi si è fatto strada nel sistema giudiziario iraniano, difendendo la nascente Repubblica islamica dagli oppositori. È stato procuratore di Teheran, capo dell’Ufficio di ispezione generale anticorruzione e procuratore generale del Tribunale speciale per il clero. Alla fine Raisi ha raggiunto uno dei ruoli più potenti del governo: capo della magistratura. Lì ha coltivato un’immagine di leader anticorruzione, lavorando al contempo all’eliminazione degli oppositori del regime.

I gruppi per i diritti umani lo hanno collegato a esecuzioni per motivi politici e incarcerazioni ingiuste. Amnesty International ha dichiarato che Raisi era un “membro della ‘commissione di morte’” che, su ordine di Khomeini, “fece sparire con la forza” e giustiziò migliaia di dissidenti nelle prigioni vicino a Teheran nel 1988, mentre la guerra dell’Iran con l’Iraq era agli sgoccioli. Interrogato su queste accuse, Raisi ha detto ai giornalisti: “Se un giudice, un procuratore ha difeso la sicurezza del popolo, dovrebbe essere lodato. (…) Sono orgoglioso di aver difeso i diritti umani in ogni posizione che ho ricoperto finora”.

Il suo presunto coinvolgimento nella morte di migliaia di persone, secondo i gruppi per i diritti umani, ha aumentato il suo fascino tra gli elettori iraniani conservatori. Il Tesoro degli Stati Uniti ha imposto sanzioni a Raisi nel 2019 per essere stato nominato un incaricato politico della Guida suprema iraniana, la cui rete, secondo il dipartimento del Tesoro, ha “oppresso il popolo iraniano, esportato il terrorismo e promosso politiche destabilizzanti in tutto il mondo”. Raisi è stato “coinvolto nella brutale repressione” del regime sulle proteste del Movimento Verde dopo le caotiche elezioni del 2009 e ha partecipato alla “cosiddetta ‘commissione della morte’” nel 1988, hanno dichiarato i funzionari del Tesoro.

Giugno 2021: viene eletto presidente

La vittoria di Raisi alle elezioni presidenziali del 2021 su Hassan Rouhani, il presidente in carica relativamente moderato, ha riconsegnato la leadership eletta agli integralisti, consentendo un sorprendente consolidamento del potere. Il risultato non è stato una sorpresa: Raisi era visto come il candidato di Khamenei e l’establishment clericale si è mosso per promuovere la sua elezione e ostacolare gli sfidanti. Raisi, come Khamenei, ha aderito a un’interpretazione severa della giurisprudenza islamica come base dello stato e del governo.

Il governo di Rouhani ha firmato l’accordo nucleare del 2015 con le potenze mondiali, compresi gli Stati Uniti. Raisi, al contrario, è stato restìo a impegnarsi diplomaticamente con gli Stati Uniti o con il resto dell’occidente. Ha ereditato un paese che ha affrontato diverse crisi, tra cui la pandemia di coronavirus, i disordini e le proteste antigovernative, un’economia schiacciata dalle sanzioni, un conflitto crescente con Israele e una situazione di stallo nei negoziati con le potenze mondiali per il rilancio dell’accordo nucleare.

2022-2023: le proteste antigovernative

La morte sotto la custodia della polizia di Mahsa Amini, una ventiduenne detenuta per aver presumibilmente violato il rigido codice di abbigliamento femminile iraniano, ha scatenato una rivolta popolare, una delle più gravi sfide all’establishment clericale dalla rivoluzione del 1979. Migliaia di iraniani, guidati da donne e giovani, si sono mobilitati per dare voce al malcontento per la repressione e l’abbandono economico. Il governo, guidato da Raisi, ha risposto inviando le forze di sicurezza a reprimere brutalmente le proteste, uccidendo centinaia di persone, ferendone e arrestandone migliaia, secondo i gruppi per i diritti.

Aprile 2024: l’attacco a Israele

L’Iran è impegnato in una guerra ombra con Israele lunga decenni. L’escalation si è verificata ad aprile, quando l’Iran ha sferrato il suo primo attacco militare diretto allo stato ebraico, lanciando più di 300 missili e droni. L’attacco era una ritorsione, secondo l’Iran, per un attacco aereo israeliano su un complesso diplomatico a Damasco, in Siria, che ha ucciso alti comandanti iraniani. Il fuoco di sbarramento iraniano, che secondo Israele è stato intercettato per il 99 per cento, è apparso come una dimostrazione di forza e un’uscita di scena per evitare di allargare il conflitto in medio oriente, mentre Israele sta combattendo una guerra a Gaza.

Sammy Westfall, Copyright Washington Post. Hanno collaborato Miriam Berger, Kareem Fahim e Susannah George

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