Qui si è spesso elogiato come anima o fulcro di una logica di sistema della politica italiana il trasformismo. Ci sono storici che non vogliono riconoscerlo, ma il “connubio”, a partire da quello tra Cavour e Rattazzi, è stato decisivo per la nascita e l’evoluzione politica liberale di questo paese. Inutile ripercorrere i fatti, dalla destra storica che custodì il primo frutto di quell’atto trasformista generativo del Regno d’Italia alla sinistra di fine secolo, a Giolitti, al fascismo, che fu anch’esso in parte trasformista nonostante il decisionismo autoritario e infausto di Mussolini, lo statista dittatore che non dispiaceva a Churchill, finché non decise di liberarci di lui, anzi di Lui, per non parlare della Repubblica, fatta anche dai monarchici della Resistenza, e dei diversi connubi costituzionali dalla Costituente a oggi, compresa la consociazione e la versione politicista estenuata dell’antifascismo da giuramento di stato, compresa l’integrazione finale dei secessionisti di Bossi e dei grillini di Grillo. Ma l’insalata russa è cosa diversa dal trasformismo, e l’idea che Vannacci Santoro e Tarquinio siano destinati a votare all’unisono in Europa è leggermente disgustosa.