Il presidente francese Emmanuel Macron è tornato ad alzare i toni contro la Russia. In un’intervista all’Economist, il leader dell’Eliseo ha ribadito che non si può escludere a priori l’invio di truppe di terra in Ucraina; “Se i russi dovessero sfondare le linee del fronte e se ci fosse una richiesta ucraina, cosa che oggi non avviene, dovremmo legittimamente porci la domanda”.
Macron ha spiegato al settimanale britannico che scartare questa opzione senza considerarla “significherebbe non imparare la lezione degli ultimi due anni di guerra”, durante i quali i Paesi della Nato hanno cambiato posizione riguardo all’invio di carri armati, aerei da guerra e armi a lunga gittata. “Probabilmente siamo stati troppo esitanti nel formulare i limiti della nostra azione a qualcuno che non ne ha più e che è l’aggressore”, ha aggiunto il presidente francese. “Ho un obiettivo strategico chiaro. La Russia non può vincere in Ucraina. Se la Russia vince in Ucraina, non avremo più sicurezza in Europa”. Secondo il leader d’Oltralpe, la sconfitta di Kiev implicherebbe l’esposizione al pericolo di invasione anche di Moldavia, Romania, Polonia, Lituania “e tanti altri”, oltre alla perdita di credibilità per i governanti dell’Unione che hanno stanziato miliardi per il Paese invaso e dichiarato che “era in gioco la salvezza del continente”.
Immediata la replica del Cremlino. Secondo la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, le dichiarazioni del presidente francese “sono in qualche modo legate al giorno della settimana. Questo è il suo ciclo”. Un commento alle dichiarazioni di Macron è arrivato anche dal vicepremier italiano e leader della Lega Matteo Salvini. “Mai un soldato italiano a morire nel nome di Macron. Io la penso così”, ha scritto su X.
Mai un soldato italiano a morire nel nome di Macron. Io la penso così. pic.twitter.com/Fug5r4WojQ
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) May 2, 2024
L’inquilino dell’Eliseo ha ventilato per la prima volta la possibilità di inviare contingenti di truppe occidentali in Ucraina lo scorso febbraio, per poi ribadirla anche nei mesi successivi. Le sue parole erano state accolte come “un segnale nella giusta direzione” dal consigliere della presidenza di Kiev Mykhailo Podoliak, ma gli alleati della Nato le avevano seccamente respinte sottolineando che lo schieramento di soldati nel Paese invaso non era nei piani. L’unica nazione ad aver aperto alla possibilità era stata la Polonia, relegandola comunque ad un futuro non meglio specificato e subordinandola all’approvazione unanime da parte degli altri membri del Patto atlantico.
Da parte sua, la Russia aveva affermato che l’arrivo al fronte di soldati Nato avrebbe significato l’inizio delle ostilità tra la Federazione e il blocco a guida Usa.