Che il clima per la stampa non sia dei migliori ne è convinto Massimo Giannini. L’ex direttore della Stampa, ora editorialista per Repubblica, nel corso di una delle ultime puntate di Otto e mezzo su La 7 cita un caso personale. Ricorda che qualche settimana prima era stato ospite della trasmissione Che tempo che fa negli studi milanesi e che durante la notte, passata appunto in un albergo della città meneghina, è stato svegliato per ricevere la notifica di una querela per diffamazione. Secondo il giornalista l’inspiegabile modalità di notifica può essere vista soltanto come un’intimidazione, dietro la quale «c’è sicuramente una regia politica».
Ieri Giannini ha ricevuto la telefonata di Matteo Piantedosi. Il ministro dell’Interno si è detto sinceramente dispiaciuto dell’accaduto. Piantedosi ha sottolineato che si è trattato di un «fatto oggettivamente molto grave», sul quale si stanno effettuando tutti gli accertamenti necessari. La prima spiegazione plausibile che viene in mente al ministro è «un eccesso di solerzia». «A nome mio e della polizia le rinnovo le nostre scuse», dice Piantedosi al giornalista che nella replica non risparmia un giudizio velenoso: «Il suo è stato un gesto doveroso ma non scontato, visto il clima politico nel quale viviamo».
La notifica della querela a Giannini ha scatenato un coro di polemiche. Tra le prese di posizioni più dure si segnala l’interrogazione parlamentare firmata da Enrico Costa (Azione) e rivolta ai ministri Piantedosi e Carlo Nordio (Giustizia) per avere spiegazioni su quello che lo stesso parlamentare definisce un atto «incomprensibile e ingiustificabile» e ricorda che le notifiche burocratiche, salvo casi particolari, « dovrebbero essere eseguite tra le 7 e le 20, non in piena notte».
Che la stampa sia minacciata nella sua libertà di espressione ne è convinto anche un ex giornalista e ora senatore del Pd. Filippo Sensi punta il dito soprattutto contro i fatti che hanno coinvolto nei giorni scorsi alcuni cronisti chiamati a documentare una protesta di fronte al Ministero del lavoro da parte degli attivisti di Ultima generazione. I cronisti sono stati infatti fermati e portati in questura per accertarne l’identità. Un fermo, questo, durato secondo gli stessi cronisti un paio d’ore.
Fatto inaccettabile, tuona Sensi. Che respinge le giustificazioni fornite dallo stesso ministro Piantedosi, che ha parlato di un «equivoco fondato sul fatto che legittimamente le persone non hanno dichiarato subito le proprie generalità e condizione di giornalista» e quindi sono stati sottoposti a identificazione. «Questo – ha concluso il ministro – ha fatto un po’ di rumore. Talvolta può succedere che vi siano delle sbavature, ma mi dispiace quando questo viene ricondotto a presunte direttive che, come specificato anche ieri dal Dipartimento della Pubblica sicurezza non sono mai state date». Secondo il senatore Sensi i fatti smentiscono il ministro, facendo supporre l’esistenza di direttive.
In caso contrario, aggiunge il parlamentare dem, il ministro venga in Aula a spiegare se «siano state adottate misure sanzionatorie nei confronti degli agenti che hanno agito un simile abuso, indegno di un Paese democratico». pfb