Sono bastati ottanta giorni di negoziato perché il Pnrr modificato dal governo Meloni, con misure da realizzare entro il 2026, incassasse il via libera della Commissione Ue. Che ieri ha confermato di aver valutato positivamente il piano di ripresa e resilienza nella versione revisionata dall’Italia, che include anche un capitolo RePowerEU. La proposta di revisione era stata presentata all’inizio di agosto scorso e il 4 settembre aveva preso le mosse il negoziato.
Sono servite oltre 150 riunioni, tra i tecnici della Commissione da una parte e Mef, Struttura di Missione Pnrr di Palazzo Chigi e – di volta in volta – le amministrazioni interessate dalle varie misure dall’altra. Senza contare la ventina di riunioni della cabina di regia con la quale palazzo Chigi ha condiviso le proprie scelte con le parti sociali, le Regioni e gli enti locali.
Adesso il Pnrr revisionato e approvato vale 194,4 miliardi (122,6 miliardi in prestiti e 71,8 miliardi in sovvenzioni) e riguarda 66 riforme contro le 59 del «vecchio» Piano e 150 investimenti. Sono ben 145 le misure modificate o del tutto nuove, e delle sette nuove riforme la maggior parte, cinque, sono quelle relative al nuovo capitolo RePowerEU (vale 11,2 miliardi). Si tratta di misure che, come scrive la stessa Commissione nel suo documento di valutazione, «mirano a rafforzare le riforme chiave in settori quali la giustizia, gli appalti pubblici e il diritto della concorrenza. Una serie di investimenti nuovi o potenziati mira a promuovere la competitività e la resilienza dell’Italia, nonché a promuovere la transizione verde e digitale. Questi investimenti riguardano settori come le energie rinnovabili, le filiere verdi e le ferrovie».
Inoltre, come ha spiegato il governo, avendo la legge di Bilancio e la tranche modificata del Piano lo stesso orizzonte temporale, «molte delle misure indirizzate alla crescita, alle infrastrutture e al sostegno del tessuto produttivo sono state contemplate negli interventi riformulati del Pnrr e non nella Legge di Bilancio che è per forza di cose seria, responsabile». In pratica, si osserva ancora da Palazzo Chigi, «si tratta in totale di più di 21 miliardi: di fatto una seconda manovra tutta destinata alla crescita».
Molte le novità, a fronte della cancellazione di progetti irrealizzabili e dello spostamento del finanziamento di altri progetti dal Pnrr ad altri programmi, Ue o nazionali. Tra gli investimenti, 12,4 miliardi di euro sono destinati alle imprese, metà della somma per la «Transizione 5.0», finalizzata a sostenere la transizione verde e digitale delle imprese. Previsto anche un supporto alle Pmi per l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili, 2 miliardi di euro per il finanziamento dei Contratti di Filiera nei settori agroalimentare, pesca e acquacoltura, silvicoltura, floricoltura e vivaismo.
Saranno 1,2 i miliardi di euro stanziati per l’Emilia Romagna e per i territori colpiti dall’alluvione di maggio 2023 e 5,2 miliardi verranno destinati a potenziare reti e infrastrutture energetiche, ridurre la dispersione idrica, investire in treni a basse emissioni e mettere in sicurezza le scuole. Arrivano soldi anche per aumentare i posti letto per gli universitari e contrastare il caro affitti, oltre a nuovi investimenti nel settore della Sanità per incrementare, tra l’altro, l’Assistenza domiciliare integrata e la telemedicina.