Il regime iraniano ha impedito di uscire dal Paese alla famiglia della 22enne di origine curda Mahsa Amini, morta l’anno scorso mentre era in custodia della polizia morale per avere indossato il velo non correttamente. Il padre, la madre e il fratello di Amini sono stati fermati all’aeroporto di Teheran. Dovevano andare in Francia, a Strasburgo, per ritirare il Premio Sakharov, conferito dal Parlamento europeo quest’anno alla memoria della ragazza e al movimento «Donna, Vita, Libertà». «Chiedo al regime iraniano di ritirare la sua decisione. Il posto della famiglia Amini martedì prossimo è all’Eurocamera. La verità non può essere messa a tacere», ha scritto su X la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola.
Mahsa Amini è divenuta il simbolo di una rivolta senza precedenti nel Paese islamico. La sua morte ha scatenato massicce proteste guidate dalle donne iraniane che poi hanno coinvolto giovani e giovanissimi, ma anche uomini, anziani che chiedono riforme strutturali. Lo slogan «Donna, Vita, Libertà» ha accompagnato per oltre un anno le rivolte in strada e nelle piazze in tutto l’Iran e ha minacciato la tenuta stessa del regime guidato dagli Ayatollah fin dalla Rivoluzione khomeinista del 1979.
Allo stesso tempo l’attivista iraniana Narges Mohammadi incomincerà oggi uno sciopero della fame in carcere, proprio mentre il marito e i due figli, a Oslo, ritireranno a suo nome il Nobel per la Pace. Mohammadi si batte in particolare contro l’obbligo dell’hijab e la pena di morte in Iran. Il suo sciopero sarà «in solidarietà con la minoranza religiosa bahai». Nonostante i già gravi problemi di salute, l’attivista 51enne infatti si unirà a quello indetto da Mahosh Thabit e Fariba Kamalabadi, bahai imprigionate dal regime iraniano. Le minoranze religiose, così come i curdi e i baluchi, sono oggetto di discriminazione nel Paese.
Lo sciopero della fame di Mohammadi coincide anche con il 75° anniversario dell’adozione della Dichiarazione universale dei diritti umani. Il premio Nobel verrà assegnato ai suoi due gemelli adolescenti Kiana e Ali che non vedono la madre da otto anni. Mohammadi è in carcere e può essere rappresentata dai suoi parenti stretti. Prima di lei è successo anche a Nelson Mandela e ad Aung San Suu Kyi. I figli leggeranno un messaggio della madre pervenuto loro da Evin. Il marito Taghi Rahmani, 64 anni, scrittore e attivista anche lui, ha detto che «il discorso ruota intorno alle richieste della società civile iraniana: libertà, uguaglianza e democrazia. Concetti osteggiati dal regime».