– Ci siamo, la sinistra ha trovato un nuovo modo per galvanizzarsi: dopo la Scala, hanno replicato l’inno “viva l’Italia antifascista” anche alla Nuvola di Roma in occasione di Più liberi più libri. Un po’ come quando cantano Bella Ciao, questo nuovo motto darà loro l’impressione di essere ancora vivi. Ma è solo l’ennesima dimostrazione di come siano erroneamente convinti che alla gente ancora interessi la lotta antifascista anziché il costo della luce in bolletta. Un grave abbaglio, ieri condiviso su Twitter pure da Elly Schlein (“identificateci tutti”), da cui non sembrano in grado di riprendersi.
– Secondo una indagine della Coldiretti, quest’anno per l’albero di Natale andrà per la maggiore usare addobbi naturali come pasta, fili di zucca, peperoncini sculture di pane. Sarà…
– La Lega partecipa alla raccolta fondi per il gioielliere Mario Roggero che dovrà sborsare 480mila euro di risarcimento alle famiglie dei due banditi uccisi fuori dalla sua gioielleria. Di quanto successo ne abbiamo già parlato, però devo dire che tra tutti gli episodi di legittima difesa in cui c’è scappato il morto, questo caso è l’unico in cui – fossi stato in Salvini – ci sarei andato coi piedi di piombo. Anche se, e forse questo giustifica tanto attivismo, immagino che una larga fetta di elettorato se ne infischi se Roggero ha rincorso e accoppato i banditi per strada.
– Ultima Generazione colore di verde il naviglio. Una volta si insegnava ai cronisti che una notizia è quando l’uomo morde il cane, non viceversa. Nell’era di internet molte regole sono cambiate, ma forse sarebbe il caso di smetterla di dare loro la visibilità che cercano per ogni azione che compiono, ormai così uguali tra loro. Chissà, magari con meno telecamere prima o poi la smetteranno pure.
– Ha ragione da vendere il direttore Sallusti quando afferma che, in questi tempi di ideologia woke e cancel culture, il vero gesto rivoluzionario non è urlare “viva l’Italia antifascista” ma gridare “viva la gnocca”.
– Sul caso Anna Paola Concia vanno fatte due riflessioni. Ecco la prima. Se fossimo un Paese normale, la nomina da parte di un ministro di un comitato di garanzia formato da tre esperti di diversa estrazione politica e culturale (una suora, una attivista lgbt e avvocata dello Stato ex candidata per il Popolo della famiglia) sarebbe stato accolto con note di giubilo per la capacità, almeno una volta, di cercare mediazione e unità. Ma non siamo un Paese normale. E infatti la destra s’è lamentata per la presenza dell’attivista Lgbt e la sinistra per la suora. Risultato: il mandato è stato subito revocato e addio al progetto unitario. Povero Valditara.
– La seconda riflessione riguarda il ministro. Il punto qui non è tanto da cosa sia composto questo comitato di garanzia, ma la motivazione di fondo che ha mosso il ministero ad avviare il progetto Educare alle rispetto. Siamo davvero sicuri che occorrano lezioni speciali contro “il maschilismo e la violenza contro le donne”? Non converrebbe, semmai, fare un po’ come la Francia e tornare a rendere la scuola un luogo in cui s’impongono educazione e rispetto delle regole, in cui si insegna di più e si coccola di meno l’alunno?
– Hanno chiesto a Roberto Burioni, il virologo, di diventare sindaco di Urbino. Pare lui abbia declinato l’invito volendo continuare a fare il medico e il divulgatore, e ha fatto bene. La politica non si improvvisa e l’amministrazione di una città men che meno. Sarebbe arrivato il momento che i partiti la smettessero di cercare figurine per raccogliere voti e coltivassero una classe dirigente capace.
– causa emicrania, versione breve e se piena di refusi abbiate pietà: perdonate l’autore di questa rubrica