Filippo Turetta nel carcere di Verona compirà 22 anni il prossimo 18 dicembre e mentre lui si adatta alla vita da recluso, all’esterno proseguono le indagini per accertare cosa sia realmente successo la sera dell’11 novembre, quando ha brutalmente ucciso la sua ex fidanzata, Giulia Cecchettin. La sua vettura, la Grande Punto utilizzata per la fuga, si trova ancora in Germania ma entro metà mese dovrebbe tornare in Italia per essere analizzata dai periti.
Nel frattempo, le indagini sono orientate su altri aspetti, tra i quali la frequentazione di Turetta con lo psicologo. Sono state 5 le sedute fatte dall’assassino di Giulia con lo specialista, la sesta era in programma nei giorni in cui lui era latitante. Ora gli investigatori studiano le carte per capire se siano stati ignorati segnali che avrebbero potuto lanciare qualche campanello d’allarme, ma gli esperti sembrano già individuare una possibile strategia della difesa.
Il dottor Enrico Zanalda, presidente della Società di Psichiatria Forense, intervistato dal Messaggero ha dichiarato che, da esterno, e in base a quello che è emerso, “Non è uno psicotico“. Ma questo non significa che eventualmente gli verrà riconosciuta la piena capacità di intendere e di volere, spiega Zanalda, perché se anche gli venisse riconosciuto un disturbo di personalità, la pena potrebbe essere attenuata. Ovviamente, si arriverà a questo attraverso un iter giuridico e medico-legale che non sarà semplice o veloce. I disturbi di personalità, prosegue lo psichiatra, “Sono diventati rilevanti dal punto di vista della capacità di intendere e di volere dopo il 2005, con la famosa sentenza Raso della Suprema Corte“.
Con quella sentenza, è stata stabilità la possibilità di applicazione dell’articolo 89 del codice penale, ovvero quello dei vizi di mente, perché “la capacità di intendere e di volere era grandemente scemata per un soggetto a cui era stato diagnosticato un disturbo di personalità“. Prima di quella sentenza, questo non era sufficiente per l’applicazione dell’articolo 89. Il caso è quello del falegname Giuseppe Raso, che sparò e uccise il vicino con due colpi di pistola alla testa. Venne riconosciuto colpevole di omicidio volontario premeditato ma con le attenuanti generiche e il vizio parziale di mente ottenne una condanna a 13 anni e 4 mesi di reclusione.
Secondo Zanalda, quello di Cecchettin è stato un “delitto con una premeditazione importante. L’esecuzione è tipica dei delitti passionali“. In base a quanto emerso, alle testimonianze e ai messaggi, lo psichiatra spiega che “Il rifiuto è un tratto caratteristico della personalità Borderline“, che però compie i suoi atti d’impulso, “la preparazione del delitto stride con quanto avvenuto. Una progettazione che fa pensare a una piena responsabilità del soggetto, una consapevolezza“.