La sinistra ha trovato il federatore. Beppe Sala? Per carità. Paolo Gentiloni? Assolutamente no. Enrico Letta? Sta bene a Parigi. L’urlatore della Scala di Milano è il nuovo Prodi. Eccolo, l’idolo di Ruotolo, Schlein e Conte.
È lui. Nessun dubbio Un esperto di cavalli è già diventato l’eroe di Pd e sinistra. È bastato un urlo, al termine dell’Inno di Mameli, durante la Prima della Scala, per mandare in estasi i compagni. «Viva l’Italia antifascista», ha gridato Marco Vizzardelli, all’inizio del «Don Carlo». Un gesto che fa sognare il Pd. Parte la catena di giubilo. È già pronto il tour nelle salotti di sinistra. Gruber, Formigli e Fazio lo aspettano con i tappeti rossi. «Il sindaco (che ne ha la facoltà) conferisca subito l’Ambrogino a Marco Vizzardelli, il cittadino che ieri alla Scala ha gridato viva l’Italia antifascista. Sarebbe la bella e giusta risposta di Milano città medaglia d’oro della Resistenza», annuncia subito il capogruppo dei Verdi europei al Comune di Milano Carlo Monguzzi. Vizzardelli, 65 anni, loggionista da sempre, appassionato di lirica e giornalista pubblicista, dopo l’urlo è stato identificato dalla Digos. La Questura chiarisce subito: «L’identificazione è stata effettuata quale ordinaria modalità di controllo preventivo per garantire la sicurezza della rappresentazione. L’iniziativa non è stata assolutamente determinata dal contenuto della frase pronunciata». Nessuna forzatura. Per la sinistra, invece, siamo alla vigilia di uno Stato di polizia. L’occasione è ghiotta.
Nicola Fratoianni (che ha dimenticato di identificare Soumahoro prima della candidatura) grida: «È ora di finirla con la paccottiglia fascista». Ilaria Cucchi rompe gli indugi: «Ecco i miei dati anagrafici, il governo chiarisca». Elly Schlein prepara la piazza: «Continueremo a gridarlo, ovunque. Anche se non piace a Salvini. E adesso identificaci tutte e tutti». Il suo fido, Sandro Ruotolo (che non ha proferito parola sui flop in Rai della moglie di Francesco Boccia) si inventa la genialata della catena social: «Adesso identificate tutte e tutti», con tanto di hashtag. Nicola Zingaretti non manca all’appello: «Per essere chiari. Nella Repubblica italiana bisognerebbe identificare chi fa il saluto romano non chi grida “viva l’Italia antifascista”». Il sindaco di Milano si chiede: «E infine, ma al loggionista che ha gridato Viva l’Italia antifascista ed è stato identificato, che gli si fa? Chiedo per un amico». Sala mastica amaro. Vizzardelli gli ha soffiato la poltrona di federatore del centro-sinistra. Si rivede Stefano Bonaccini: «Bastava identificare una copia della Costituzione. In ogni caso, Viva l’Italia antifascista. Sempre».
Dal fronte della maggioranza Flavio Tosi commenta: «Non ho trovato l’urlo scandaloso, ma ineducato sì. Capisco che chi ha una opinione politica o una idea da diffondere utilizzi l’esterno del teatro per manifestare il suo dissenso, ma all’interno ci vuole rispetto per tutti. Un conto è ciò che accadde durante l’oppressione austroungarica dove si stava provando a liberare il Paese dal nemico in casa, qui c’è un governo democraticamente eletto e con una larga maggioranza in Parlamento». Il protagonista, Vizzardelli, proiettato oramai verso la carriera politica nel Pd, spiega il gesto: «Non ho commesso un reato perché ho detto Viva l’Italia antifascista, l’avrei commesso se avessi detto Viva l’Italia fascista. Ho detto una cosa costituzionale e lapalissiana».