“Salta l’accordo con Italia su sottomarini nucleari”: l’ultima mossa di Putin

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Va in archivio un accordo in vigore da due decenni tra Italia e Russia, e relativo all’utilizzo dei sottomarini nucleari dismessi dalla Marina russa e al trattamento delle scorie radioattive. Mosca ha fatto sapere che l’intesa non è stata rinnovata. I media russi hanno riportato la notizia, senza tuttavia specificare le cause che hanno spinto il Cremlino a fare un passo indietro.

Certo è che la tensione tra il governo russo e gli esecutivi europei resta altissima, sia per quanto riguarda il fronte militare, con la guerra in Ucraina ancora in corso, sia per quanto concerne il fronte economico, con Bruxelles intenzionata a colpire ulteriormente ogni canale in grado di portare denaro nelle casse della Federazione Russa. In un contesto del genere, il suddetto accordo è saltato per ragioni ancora non note.

L’accordo saltato tra Italia e Russia

Una nota del ministero degli Esteri russo pubblicata dall’agenzia Tass aiuta a comprendere, almeno in parte, cosa è accaduto: “Il 17 novembre l’accordo tra i governi della Federazione russa e della Repubblica italiana sulla cooperazione nell’utilizzo dei sottomarini nucleari dismessi dalla Marina e il trattamento in sicurezza delle scorie radioattive e del combustibile nucleare utilizzato, firmato a Roma il 5 novembre 2003, ha cessato di essere operativo“. Poche parole per annunciare, di fatto, la fine di un’intesa ventennale.

L’accordo in questione è il cosiddetto Accordo di cooperazione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Federazione russa nel campo dello smantellamento dei sommergibili nucleari radiati dalla marina militare russa e della gestione sicura dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito, firmato tuttavia il 5 novembre 2003 e non il 17 come riportato dai russi. Per capire come è nata una simile intesa bisogna fare riferimento al contesto di quel periodo storico. Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, e le gravi difficoltà economiche di tutti i Paesi che ne facevano parte, è cresciuta nella comunità internazionale la sensibilità verso i rischi che la progressiva obsolescenza degli enormi arsenali dell’Urss avrebbe potuto arrecare all’ambiente e alla sicurezza a livello internazionale.

Del resto, l’impossibilità che l’Urss gestisse da sola lo smantellamento degli arsenali di armi di distruzione di massa (ADM) era emersa già alla fine degli anni Ottanta. Per iniziativa degli Stati Uniti, già all’inizio degli Anni Novanta è stato quindi lanciato il Cooperative Threat Reduction Programme (CTR), al quale ben presto si sono aggiunti l’Unione europea, il Giappone e il Canada, e nell’ambito del quale si sono messe in atto le prime operazioni per lo smantellamento o la messa in sicurezza di una serie di armi nucleari, chimiche o batteriologiche, nonché dei loro vettori e delle infrastrutture connesse alla Federazione.

Il contributo di Roma

L’Italia sin dall’inizio non ha fatto mancare il proprio contributo alle iniziative internazionali accennate. Il primo dicembre 1993 è stato firmato con la Russia un Accordo sulla cooperazione nello smantellamento delle armi nucleari soggette a riduzione nella Federazione russa, entrato in vigore il 15 marzo 1995. Dopo altre intese, arriviamo al novembre 2003, quando Roma e Mosca hanno concluso il richiamato Accordo di cooperazione per lo smantellamento dei sommergibili nucleari radiati dalla marina militare russa e per la gestione sicura dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito.

Formato da 15 articoli, il preambolo dell’Accordo richiamava espressamente la Global Partnership del G8 contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa quale ambito in cui si inseriscono i progetti previsti nell’Accordo. L’articolo 1 riportava invece l’ispirazione di fondo dell’Accordo, oltre a indicare il limite complessivo di spesa per il programma di cooperazione, pari a 360 milioni di euro in dieci anni.

Nel successivo articolo 2 venivano indicati i campi di intervento della cooperazione: smantellamento di sommergibili o di navi con impianti ad energia nucleare; riprocessamento, trasporto e deposito dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito; protezione fisica dei siti nucleari contro possibili attacchi terroristici o trafugamenti di materiali “sensibili”; bonifica dei siti contaminati da sostanze radioattive. Ebbene, il contenuto di questo accordo, stando alla versione fornita da Mosca, ha cessato di essere operativo.

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