Cinque tavoli di lavoro presidiati dal ministero delle Imprese e del Made in Italy e con la segreteria tecnica affidata ad Anfia, l’associazione della filiera auto. Il «Tavolo automotive» convocato ieri dal ministro Adolfo Urso, che ha l’obiettivo di far tornare la produzione di veicoli in Italia a quota 1 milione, si divide dunque in cinque sottotavoli: il primo, su come utilizzare i 6 miliardi di risorse del fondo automotive; il secondo, su efficientamento produttivo, energia e logistica; il terzo, dedicato a sviluppo e innovazione; il quarto, per la componentistica; mentre il quinto verterà sui temi occupazione e formazione. Presenti, all’incontro con Urso, i vertici di Stellantis, l’Anfia, i sindacati e i presidenti delle Regioni in cui si trovano gli impianti Stellantis. Davide Mele, responsabile di Corporate Affairs Italia del gruppo francese-italiano, ha di fatto ribadito i punti fermi anticipati nei giorni scorsi dall’ad Carlos Tavares: cancellazione dell’impatto della normativa Euro 7 per continuare a produrre modelli accessibili in Italia, incentivi adeguati per i clienti di veicoli elettrici al fine di sostenere il mercato e lo sviluppo della rete di ricarica, il miglioramento della competitività industriale di Stellantis e dei fornitori italiani, incluso il costo dell’energia. E sempre Mele ha quindi ricordato gli 11 miliardi di surplus alla bilancia commerciale italiana dalla nascita di Stellantis a oggi.
La risposta di Urso: «Abbiamo 6 miliardi nel fondo per l’automotive da qui al 2030, ma deve aumentare il numero di auto prodotte nel nostro Paese. L’80% degli incentivi, nel 2022, sono finora andati ad auto prodotte all’estero. Questo non ce lo possiamo consentire. A questi 6 miliardi si aggiungono, anche per questo settore, i 13 che metteremo in campo per il Piano Transizione 5.0 nel 2024 e 2025, per l’innovazione tecnologica green e digitale delle nostre imprese e, quindi, anche di quelle dell’automotive». Il ministro, nel sottolineare che «si aggiungono poi i 2,5 miliardi di fondi Pnrr attraverso il Repower Eu», ha rilevato come «nel 2022 siano state immatricolate 1,4 milioni di vetture a fronte di una produzione italiana di 450mila: un delta così ampio non esiste in alcun Paese europeo».
Il piano per la rimodulazione degli incentivi, dunque, punta a stimolare la produzione di veicoli in Italia, conditio sine qua non per arrivare al traguardo di 1 milione nei prossimi anni. In proposito, per Ferdinando Uliano (Fim Cisl), «la discussione dovrà riguardare, non tanto l’italianità dei marchi Stellantis, ma quali e quanti nuovi modelli saranno prodotti qui».
In fatto di incentivi e sostegni, il governo sembra aver imboccato la strada della prudenza e della massima chiarezza sulla volontà di Stellantis di investire in Italia, aspetto che ha visto ieri il manager Mele assicurare «la centralità del Paese nella strategia globale del gruppo, insieme alla volontà di creare un futuro sostenibile per le attività italiane». Non possono infatti essere dimenticati, guardando alla sola (allora) Fiat, secondo un’analisi di Federcontribuenti, i 220 miliardi assorbiti dal 1975 tra casse integrazioni, prepensionamenti, rottamazioni, impianti in gran parte finanziati con risorse pubbliche e forme varie di contributi statali.
«L’obiettivo di un milione di veicoli è alla portata visto che già quest’anno la produzione di Stellantis dovrebbe attestarsi tra 700 e 800mila, ma chiediamo che si passi dalle dichiarazioni ai fatti concreti, con un confronto stabilimento per stabilimento», le parole di Rocco Palombella, segretario generale Uilm.
Roberto Vavassori, presidente di Anfia, ha infine ricordato che «la filiera dell’automotive è l’unica, a oggi, a cui viene richiesta una completa decarbonizzazione dei prodotti al 2035 per regolamento europeo e che si è impegnata a raggiungere la neutralità carbonica dei processi produttivi entro l’anno 2040, per affrontare la più grande e veloce rivoluzione industriale».