E certo che non è stata una passeggiata. «Un anno tosto, in cui è accaduto tutto quello che poteva accadere». Tutto, dalle guerre alle crisi energetiche, comprese «le intrusioni senza pietà nella mia vita privata». Giorgia è tirata, un po’ pallida, presa dalla valanga dei problemi da affrontare, dai sindacati «incoerenti sul salario minimo» all’opposizione che «punta sul fallimento» del patto con Edi Rama sui migranti. Una faticaccia.
Ma se per il ruolo ci vuole un fisico bestiale, ebbene lei pensa di possederlo. Infatti cita Rambo. «Il segreto, come direbbe lui, è vivere giorno per giorno, affrontando il disastro che ci siamo trovati a gestire nel modo più serio e pragmatico possibile, nell’interesse degli italiani». Peccato, si sfoga la Meloni ai microfoni di Rtl, che lo stesso interesse non si veda a sinistra.
Prendiamo il protocollo con l’Albania, che persino a Bruxelles stanno valutando con interesse. «Un accordo innovativo, utile, nel rispetto del diritto internazionale, che può rappresentare un precedente per diverse nazioni. Non capisco perché lo contestino così, forse sperano che noi non riusciamo a risolvere il problema». Stesso discorso sul salario minimo. «Ce l’avete con i poveri», l’ha accusata la Schlein dopo l’affossamento dei 9 euro. E Conte ha strappato platealmente il testo in Aula. «Io sorrido – commenta la premier Pd e M5S ci dicono che è l’unico provvedimento da approvare, ma in dieci anni di governo non mi sembra che l’abbiano fatto».
I sindacati poi. «Mi stupisce la posizione di alcuni di loro, che vanno in piazza per rivendicare il salario minimo e quando trattano i rinnovi collettivi accettano contratti con poco più di cinque euro l’ora, come è successo di recente con il comparto della sicurezza privata». Insomma, si spazientisce, «bisognerebbe essere un po’ più coerenti». Ma la cosa che le brucia è l’invasione nella sfera privata, con tanto di uso politico della fine della sua relazione con Giambruno. «Di segreti ne ho davvero pochi, ormai la mia vita è tutta in piazza. Delle mie questioni personali si è parlato a volte senza pietà». Pazienza. «Alla fine mi metto l’elemento in testa e si combatte».
Subito una battaglia piuttosto impegnativa, lunga, dall’esito incerto: la riforma istituzionale. La Meloni la difende con passione. «Certe critiche al premierato dimostrano che non si sa che cosa dire. Noi vogliamo lasciare agli italiani il diritto di scegliere da chi essere governati». Serve però anche molta diplomazia. «Noi – precisa – non abbiamo toccato i poteri del presidente della Repubblica, abbiamo volutamente lasciato inalterato il ruolo del capo dello Stato, in questo caso Sergio Mattarella, che è una figura che sicuramente per gli italiani rappresenta un assoluto punto di riferimento».
Quanto al governo, assicura, è solido. «Il centrodestra sta molto bene e c’è un solo metodo per valutare la coesione delle maggioranze, la velocità con cui gli esecutivi riescono ad operare». Certo, ammette, «qualche sfumatura esiste», qualche diversità «di vedute» pure. Del resto è «una ricchezza» che fa parte della democrazia. Tuttavia non ci sono casi-Salvini o altre diatribe, «c’è una forte coesione di fondo». Obbiettivo, cambiare il Paese.