Salario minimo, passa il testo alla Camera. E in Aula scoppia la bagarre

Salario minimo, passa il testo alla Camera. E in Aula scoppia la bagarre

A Montecitorio va in onda l’ennesima sceneggiata. Le forze di opposizione hanno esposto decine di cartelli con la scritta “salario minimo negato” e “non in nostro nome”, arrivando ad esporli fino ai banchi del governo, urlando in coro “vergogna“. Una gazzarra bella e buona per protestare contro il via libera alla proposta di legge (che ora passa al Senato) che contiene le deleghe al governo per regolamentare la retribuzione dei lavoratori e la contrattazione collettiva. La norma è passata con 153 voti a favore, 118 contrari e 3 astenuti.

Tecnicamente la maggioranza ha presentato un emendamento con cui ha apportato delle modifiche al testo proposto dalle opposizioni sul salario minimo, che per protesta ieri ha ritirato la proposta. Giuseppe Conte, platealmente, ha chiuso il proprio intervento strappando i fogli di carta che contenevano il testo dell’emendamento. “Oggi è un giorno triste, oggi che accartocciate con una mano la proposta di salario minimo delle opposizioni e con l’altro date un manrovescio a milioni di lavoratori poveri”, ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein nella sua dichiarazione di voto. “Vorremmo sapere perché Meloni ce l’ha così tanto con i poveri. Voi all’ascensore sociale state tagliando i fili perché chi è povero resti povero”.

Bagarre in Aula

Dopo l’intervento di Walter Rizzetto di Fdi, che ha chiuso le dichiarazioni di voto lanciando accuse alle opposizioni, è scoppiata la bagarre in aula. Il presidente di turno Fabio Rampelli ha sospeso la seduta. I deputati dell’opposizione hanno esposto i loro cartelli iniziare a urlare “vergogna, vergogna”. Occupati i banchi del governo. Breve sospensione dei lavori, con i commessi che uno ad uno ritirano i cartelli dalle mani dei deputati. Il vicepresidente Rampelli indice la votazione finale: i deputati tornano a sedersi al loro posto. Ma qualcuno continua a inveire. Marco Pellegrini (M5S) e Salvatore Deidda (Fdi) arrivano quasi alle mani e vengono separati da alcuni colleghi, tra cui il vicepresidente Giorgio Mulè (Forza Italia). Parte la votazione, poi c’è la proclamazione del risultato, ma per chi assiste ai lavori e per i deputati stessi è quasi impossibile sentire l’esito, tanto sono le urla in Aula. Scena davvero surreale.

Il discorso che ha acceso lo scontro

“Il Parlamento è stato ampiamento coinvolto – ha detto Rizzetto (Fdi) nel suo intervento -. È quasi un anno che ci lavoriamo, ed è nelle piena funzione di poter dare suggerimenti, indicazioni vincolanti, rispetto la scrittura della delega nei prossimi 6 mesi. Ci avete offerto una imbarazzante narrazione – ha aggiunto – potevamo semplicemente superare il vostro provvedimento con un emendamento soppressivo. Però dovete mettervi d’accordso con voi stessi. A luglio ci avete accusato perché continuavamo con le audizioni che voi avete indicato, ieri ci dite che avremmo dovuto avere il coraggio di un emendamento soppressivo. Il vero leader dell’opposizione si chiama Landini che è lo stesso che qualche anno fa gridava allo scandalo rispetto l’idea del salario minimo”.

“La battaglia per il salario minimo non finisce qui”, ha scritto su X Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera dei Deputati. “Non finisce nelle mani del Governo Meloni che oggi ha deciso di stare dalla parte di chi sfrutta le lavoratrici e i lavoratori e di abbandonare 3 milioni e mezzo di persone con salari da fame”.

Durigon: “Ascolteremo le parti sociali”

“Credo che oggi, nonostante tutto, sia una buona giornata dove si devono apprendere alcune nozioni importanti che ci dice l’opposizione“, ha detto il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon dopo la seduta dell’Aula. “Nello stesso tempo apriremo anche con le parti sociali un dialogo per trovare una soluzione in questi sei mesi per dare una risposta dando un valore in più alla contrattazione collettiva e dando una risposta su questi salari che purtroppo con l’inflazione che c’è hanno avuto una deprezzazione del nostro potere”.

Fico: “La destra danneggia i più fragili”

“Lo schiaffo della maggioranza ai tre milioni e mezzo di lavoratori poveri è un pessimo segnale per il nostro Paese”, tuona Roberto Fico, ex presidente della Camera e presidente del Comitato di garanzia del Movimento 5 Stelle. “Questa destra al potere sembra volere danneggiare in tutti i modi le persone più fragili della società: prima l’abolizione del reddito di cittadinanza, ora la bocciatura del salario minimo. Non è questa la strada per rafforzare la coesione sociale. Non è questo il modo per non lasciare nessuno indietro. Il Movimento 5 Stelle, insieme alle altre opposizioni, continuerà nella propria battaglia per introdurre un salario minimo legale in Italia. È un’esigenza non più derogabile”.

De Poli: “Da opposizione lacrime di coccodrillo”

“Sul salario minimo l’opposizione versa lacrime di coccodrillo”, afferma il presidente nazionale Udc e senatore Antonio De Poli. “Noi del Centrodestra siamo dalla parte dei lavoratori puntando sul rafforzamento della contrattazione collettiva e sul taglio delle tasse per lasciare più soldi in busta paga”.

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