Dalle questioni private alle riforme politiche più rilevanti. Dai temi scottanti in Parlamento alle accuse personali della sinistra mediatica. Il presidente del Consiglio, ospite di Rtl 102.5, è un fiume in piena. Oltre mezz’ora di domande e risposte per fare il punto sull’ anno “tosto” del governo e sui principali dssier che il governo dovrà affrontare: dal salario minimo legale, bandiera ideologica dell’opposizione, al nodo immigrazione passando per la cosiddetta “madre di tutte le riforme”, la riforma costituzionale. Dalle stoccate alla sinistra sull’accordo firmato con l’Albania fino alle accuse di “incorenza” lanciate ai sindacati, il premier Meloni prova a smascherare i paradossi interni alla sinistra.
Le vicende personali
A partire, e qui la serietà è d’obbligo, dai continui attacchi personali subiti dalla premier nell’arco di quest’anno. L’espressione utilizzata da Meloni è forte, “senza pietà”, ma coglie perfettamente il punto: il gusto di attaccare la sfera privata della leader di Fratelli d’Italia è un vizio che purtroppo è rimasto dalle parti delle opposizioni mediatiche e politiche. La forza di volontà del primo ministro è invidiabile:“Si è parlato troppo delle mie questioni personali? – ribadisce Meloni – Diciamo che si è parlato delle volte senza pietà, però elmetto in testa e si combatte“. Il modus operandi, sia per le questioni private sia per quelle pubbliche, rimane lo stesso. Nessun passo indietro verso gli attacchi personali della gauche mediatica e non solo.
Il premierato
Sulla riforma costituzionale, infatti, le risposte della premier hanno lo stesso piglio combattivo. La crociata anti-riforme non spaventa il presidente del Consiglio che, con poche parole, fa a pezzi l’opposizione aprioristica della sinistra mediatica e parlamentare. La previsione di Giorgia Meloni, viste le ultime settimane di attacchi incessanti, è una sola: “So che faranno di tutto per impedire di approvare questa riforma, penso si arriverà al referendum”. Con una piccola nota positiva: alla fine “saranno gli italiani a decidere”.
L’istinto combattivo della leader di Fratelli d’Italia nasce da un clima ostile creato ad hoc dalle opposizioni. Intorno alla riforme, invece, si è formato un alone di megatività e di critiche pregiudiziali volte ad affossare, ancora prima del tempo, la cosiddetta “madre di tutte le riforme”. Il premierato soft di Meloni, una volta scartato il presidenzialismo americano e il semi-presidenzialismo francese, è fumo negli occhi per la gauche nostrana. La flotta amante dello status quo fallimentare ha provato a mettere in cattiva luce ogni singola parte di questa riforma: dal rischio autoritarismo dietro l’angolo, alla donna sola al comando passando addirittura per il nuovo ruolo inconsistente del Capo dello Stato.
“Le critiche sul premierato – ribadisce per l’ennesima volta Meloni – arrivano perchè non si sa che dire, non abbiamo toccato i poteri del presidente della Repubblica” La situazione è molto più semplice del previsto: “La riforma – assicura il premier – dice che chi guida il governo lo decidono gli italiani. Il capo del governo è eletto direttamente dai cittadini con meccanismi di stabilità che permettono all’esecutivo di stare in carica per cinque anni”. L’opposizione della sinistra alle riforme, inutile nascondersi dietro a un dito, sarà il principale ostacolo da superare: “So che faranno di tutto per impedire di approvare questa riforma. “So che ci sarà tanta gente che si muoverà contro, ma saranno gli italiani a decidere se vogliono essere padroni del proprio destino o se vogliono farlo fare a chi ha pensato di essere padrone delle istituzioni e non lo era”.
L’intento della riforma, tra gli altri, è quello di evitare una volta per tutte gli inutili giochini di Palazzo e ridurre al minimo le possibilità di governi tecnici. Due facce della stessa medaglia: la crescente disaffezione verso la politica in generale. Il dato certo, secondo Meloni, è uno solo: “La riforma sul premierato è quella da cui dipendono tutte le altre e so che faranno di tutto per impedirla”. Il risultato, quindi, dipenderà dalla forza dell’esecutivo, e di conseguenza delle tre anime del centrodestra, di restare unite e di portare avanti le promesse concordate con il proprio elettorato.
Le prossime elezioni europee
Lo stesso discorso vale per le elezioni europee del prossimo anno. La campagna elettorale è già iniziata, le tre componenti dell’esecutivo marcheranno le proprie differenze ma l’intento è uno solo: cambiare la struttura ideologica dell’Unione europea guidate dalla sinistre e riformare l’assetto dei Ventisette. Con le elezioni europee, spiega Meloni, “abbiamo una grande occasione ovvero di arrivare a “un Parlamento che potrebbe essere più compatibile a livello di visione e dall’altra potremmo ritrovarci con un’Italia che vale molto di più”. “Sarà una campagna elettorale tosta perché quello che vedo io, lo vedono anche i miei avversari”.
Le stoccate su immigrazione e salario minimo
Un’occasione da non perdere per un cambio di passo importante sull’immigrazione irregolare. La politica della sinistra europea, da sempre cieca all’enorme problema immigratorio, deve essere sostituita da un pragmatismo di destra volto a fermare l’emergenza. L’accordo bilaterale firmato con l’Albania, contestato a priori da Elly Schlein e compagni, va nella giusta direzione.“L’accordo con l’Albania sui migranti – ribadisce la premier – è innovativo, utile e rappresentare un precedente che si può fare in molte nazioni nel pieno rispetto del diritto internazionale”.
L’accusa nei confronti della sinistra è azzeccata: “Non so perché la sinistra lo contesti così”, forse perché sperano che non riusciamo a risolvere il problema, cosa che noi contiamo di fare in una realtà in cui ci confrontiamo con flussi senza precedenti”. Il paradosso di un premier socialista come Edi Rama attento all’emergenza sbarchi ha mandato in confusione il Paritto democratico: “Il Pd ha cercato di cacciare il povero Edi Rama che è socialista dal Pse perché evidentemente aiutare l’Italia non è di sinistra”. La stessa confusione mostrata ieri in Aula, mutatis mutandis, per il salario minimo legale: “L’opposizione – spiega giustamente Meloni – in dieci anni al governo non ha mai fatto nulla. Mi incuriosisce la posizione di alcuni sindacati che vanno in piazza e poi firmano contratti collettivi a più di 5 euro l’ora. Bisogna essere più coerenti”. Una caratteristica che manca all’opposizione nostrana.